No della Consulta alla norma che salva i canoni di locazione rideterminati

Pubblicato il 17 luglio 2015

Con sentenza n. 169 del 16 luglio 2015, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 5, comma 1-ter, del Decreto-legge n. 47/2014, contenente “Misure urgenti per l’emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015”, convertito, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, della Legge n. 80/2014.

La norma censurata è quella che, in tema di rideterminazione ex lege di elementi di contratti di locazione non registrati nei termini, fa salvi, fino alla data del 31 dicembre 2015, gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei contratti di locazione registrati ai sensi dell’articolo 3, commi 8 e 9, del Decreto legislativo n. 23/2011, commi dichiarati illegittimi, per eccesso di delega, sempre dalla Consulta, con sentenza n. 50/2014.

Aderendo ai rilievi sollevati dal giudice rimettente, la Consulta ha evidenziato come la disposizione all’esame sia stata introdotta a seguito e in conseguenza della sentenza citata, ed inserita nell’ambito di un provvedimento diretto, in primo luogo, a fronteggiare “la grave emergenza abitativa in atto e a adottare misure volte a rilanciare in modo efficace il mercato delle costruzioni”.

Di fatto, l’intento perseguito dal Parlamento era di preservare, per un certo tempo, gli effetti prodotti dalla normativa dichiarata costituzionalmente illegittima, facendo beneficiare di una singolare prorogatio la categoria degli inquilini.

Incostituzionale la norma che proroga gli effetti di altra disposizione dichiarata illegittima

Tuttavia, se appare evidente che una pronuncia di illegittimità costituzionale non possa, in linea di principio, determinare, a svantaggio del legislatore, effetti corrispondenti a quelli di un “esproprio” della potestà legislativa, è del pari evidente che la stessa non possa risultare pronunciata “inutilmente”, come accadrebbe quando una accertata violazione della Costituzione potesse, in una qualsiasi forma, inopinatamente riproporsi.

Ossia, se certamente il legislatore resta titolare del potere di disciplinare, con un nuovo atto, la stessa materia, è senz’altro da escludere che possa legittimamente farlo – come nella specie – “limitandosi a “salvare”, e cioè a “mantenere in vita”, o a ripristinare gli effetti prodotti da disposizioni che, in ragione della dichiarazione di illegittimità costituzionale, non sono più in grado di produrne”. 

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