Niente condanna per la mamma che non può rispettare il diritto di visita a causa del lavoro
Pubblicato il 17 giugno 2010
La Corte di legittimità, con sentenza n. 23274 del 16 giugno 2010, ha annullato, con rinvio, la decisione con cui la Corte d'appello di Lecce aveva condannato una donna per mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice in quanto aveva impedito all'ex marito di incontrare la figlia, a lei affidata, negli orari di visita fissati dal Tribunale dei minori presso il consultorio familiare.
La donna si era opposta alla decisione dei giudici di gravame sostenendo di aver dovuto ridurre le visite a una sola volta a settimana a causa dei suoi impegni di lavoro e di aver proposto all'ex marito di incontrare la figlia un pomeriggio alla settimana presso la sua abitazione, anche al fine di consentire incontri maggiormente sereni. Con la sua condotta, dunque, non era stato eluso l'obbligo di garantire il diritto di visita del genitore non affidatario, e, pertanto, non poteva considerarsi configurato il reato contestatole.
I giudici di legittimità hanno ritenuto fondate le ragioni della ricorrente ricordando come, ai fini della configurazione del reato di cui all'articolo 388, comma 2, del Codice penale, “il concetto di elusione non può equipararsi puramente e semplicemente a quello di inadempimento, occorrendo, affinché possa concretarsi il reato, che il genitore affidatario si sottragga con atti fraudolenti o simulati, all'adempimento del suo obbligo di consentire le visite del genitore non affidatario, ostacolandole, appunto, attraverso comportamenti implicanti un inadempimento in mala fede e non riconducibile a una mera inosservanza dell'obbligo”.