Integra un'ipotesi di abuso del diritto, ai sensi dell'articolo 10-bis della Legge 27 luglio 2000, n. 212 ai fini delle imposte dirette (nello specifico, dell'IRPEF), la costituzione di una NEWCO S.r.l. unipersonale, nella quale l'amministratore-socio unico decide di attribuirsi un compenso pari a circa l’85% dell’utile della neo società.
Questo il parere reso dall’Agenzia delle Entrate, con la risposta ad inteprello n. 407 del 16 giugno 2021.
Il caso sottoposto all’attenzione dell’Amministrazione finanziaria è quello di un consulente, con doppia cittadinanza svizzera e turca, che svolge all’estero attività di "family officer" in favore di diversi soggetti residenti in svariati paesi e che per ragioni lavorative vorrebbe trasferire la propria residenza in Italia, con decorrenza dal periodo di imposta 2021, continuando a svolgere qui la propria attività.
Il consulente vorrebbe costituire una Srl unipersonale con sede legale in Italia e con oggetto sociale, in sostanza, analogo a quello dell'attività svolta all'estero in forma individuale, di cui avrebbe assunto la carica di amministratore unico.
Per quanto riguarda la sua remunerazione, il consulente prospetta all’Agenzia la volontà di percepire un compenso variabile, su base annua, determinato in una misura pari all’85% degli utili di esercizio eventualmente conseguiti da NEWCO S.r.l. unipersonale.
Dal momento che la natura del proprio reddito imponibile da assoggettare a tassazione ai fini IRPEF rientra nell'ambito di applicazione dell'agevolazione prevista per gli impatriati, l’istante chiede se l’operazione prospettata sia censurabile sotto il profilo dell'abuso del diritto ex articolo 10-bis della legge n. 212 del 2000.
Contrariamente al consulente, l’Agenzia ritiene che l’operazione come descritta sia abusiva ai fini delle imposte dirette, celando un risparmio d’imposta.
Nella risposta n. 407/2021, infatti, l’Agenzia sottolinea come:
l'entità del compenso, quale reddito assimilato al lavoro dipendente, è aleatoria e variabile poiché dipende esclusivamente dai risultati economici della società di cui l'amministratore è al contempo l'unico socio che, in tale veste, dovrebbe invece veder remunerato il capitale investito sotto forma di partecipazione agli utili;
il compenso è poi determinato in assenza di un vincolo di subordinazione dell'amministratore unico e/o assoggettamento all'altrui potere direttivo, nonché in mancanza, in relazione all'attività gestoria, di una volontà distinta rispetto a quella esprimibile dall'organo societario.
Ciò significa che la società che verrebbe costituita avrebbe come unico fine quello di veicolare la maggior parte degli utili prodotti sotto forma di corrispettivo per i servizi amministrativi (e per la parte residua sotto forma di utili, se distribuiti), e quindi come reddito assimilato al lavoro dipendente, al semplice fine di consentire l'accesso alla tassazione ridotta prevista dal regime agevolato dei lavoratori c.d. impatriati.
In tal modo, infatti, si otterrebbe un indebito vantaggio fiscale, dal momento che la tassazione ridotta prevista per il regime degli impatriati consentirebbe un abbattimento dell'imponibile fiscale su cui applicare le aliquote progressive IRPEF pari al 70%, rispetto alla ritenuta a titolo di imposta del 26% applicata all'intero ammontare dei redditi di capitale.
A ciò si deve aggiungere il fatto – secondo l’Agenzia – che l'operazione prospettata appare priva di sostanza economica, oltre a non essere coerente con le normali logiche di mercato, in quanto idonea unicamente a fare conseguire un vantaggio fiscale indebito al socio unico che intende proseguire l'attività in forma societaria.
Pertanto, non ravvisando evidenti motivazioni extra fiscali e di carattere economico in base alle quali l'operazione possa essere ammessa, l’Agenzia ritiene che essa integri la fattispecie dell’abuso di diritto.
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