Pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea del 24 maggio 2024 la direttiva (UE) 2024/1385 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 maggio 2024 sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica.
La direttiva, che entra in vigore il 13 giugno 2024 (ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea), mira a fornire norme minime e generali di tutela atte a prevenire e combattere efficacemente la violenza contro le donne e la violenza domestica in tutta l'Unione, lasciando gli Stati membri liberi di adottare o mantenere in vigore norme più rigorose o che assicurino un maggiore grado di tutela e assistenza alle vittime.
L’ambito di azione del legislatore europeo è molto ampio: la direttiva infatti interviene sulla definizione dei reati e delle pene irrogabili, rafforza e introduce misure in relazione alla protezione delle vittime e all'accesso alla giustizia, all'assistenza alle vittime, ad una migliore raccolta di dati, alla prevenzione, al coordinamento e alla cooperazione reciproca tra Stati membri e a livello UE.
Tra le misure adottate, da recepire entro il 14 giugno 2027, si annoverano anche quelle a tutela delle donne vittime di molestie sessuali sul lavoro.
Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta, ricordando, a seguire, le principali tutele riconosciute in Italia alle donne vittime di violenza di genere.
Prevenzione, formazione e sostegno alle donne vittime di molestie sessuali sul lavoro.
Sono queste le tre direttrici d’azione tracciate dalla direttiva (UE) 2024/1385 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 maggio 2024 pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, a cui conseguono specifici obblighi per il datore di lavoro.
Si parte da una premessa. Le molestie sessuali sul lavoro sono una forma di discriminazione fondata sul sesso (direttive 2004/113/CE, 2006/54/CE e 2010/41/UE), con conseguenze negative rilevanti sia per la vittima che per il datore di lavoro.
L’articolo 28 della direttiva (UE) 2024/1385 del 14 maggio 2024 reca norme per l’assistenza specialistica alle vittime di molestie sessuali sul lavoro.
Nelle ipotesi in cui si configuri il reato di molestie sessuali sul lavoro, gli Stati membri devono provvedere affinché siano disponibili servizi di consulenza per le vittime e per i datori di lavoro.
Tali servizi comprendono informazioni su come affrontare adeguatamente i casi di molestie sessuali e sui mezzi di ricorso a disposizione per allontanare l’autore del reato dal luogo di lavoro.
L’articolo 34 della direttiva (UE) 2024/1385 del 14 maggio 2024 prevede l’obbligo per gli Stati membri di adottare, nelle pertinenti politiche nazionali, misure adeguate e appropriate per affrontare la tematica delle molestie sessuali sul lavoro, ove queste ultime costituiscano reato ai sensi del diritto nazionale.
Tali politiche nazionali possono individuare e istituire azioni mirate come lo svolgimento di campagne o programmi di sensibilizzazione per i settori in cui i lavoratori sono più esposti.
Tutto questo, fatta salva l’adozione delle misure di prevenzione incoraggiate dagli Stati membri secondo quanto previsto dall'articolo 26 della direttiva 2006/54/CE, riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego.
Per prevenire e affrontare adeguatamente i casi di molestie sessuali sul lavoro è opportuno che siano appositamente formate anche le persone con funzioni di vigilanza.
In tal senso, l’articolo 36 della direttiva (UE) 2024/1385 del 14 maggio 2024, oltre all’obbligo degli Stati membri di prevedere una formazione sia generale che specialistica per funzionari e professionisti che hanno probabilità di entrare in contatto con le vittime, stabilisce che il personale con funzioni di vigilanza sul luogo di lavoro, nel settore pubblico come in quello privato, debba seguire una formazione per imparare a riconoscere, prevenire e affrontare le molestie sessuali sul lavoro, ove queste ultime costituiscano reato ai sensi del diritto nazionale.
Tale personale e i datori di lavoro ricevono informazioni sugli effetti sul lavoro della violenza contro le donne e della violenza domestica, e sul rischio di violenza da parte di terzi laddove per «violenza da parte di terzi» si intende la violenza che il lavoratore potrebbe subire sul luogo di lavoro per mano di una persona diversa da un collega, ad esempio le molestie sessuali subite da un'infermiera ad opera di un paziente.
La direttiva (UE) 2024/1385 del 14 maggio 20243 prevede infine che, entro 14 giugno 2032, la Commissione valuti la necessità di ulteriori misure a livello dell'Unione per contrastare efficacemente le molestie e la violenza sessuali sul luogo di lavoro.
Le nuove disposizioni eurocomunitarie si innestano all’interno di un quadro giuridico interno ben delineato, che assicura alla donna lavoratrice vittima di violenza di genere numerose ed efficaci tutele normative ed economiche e vantaggi per i datori di lavoro che le assumono.
Qui di seguito elenchiamo le principali.
L’articolo 24, comma 6, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, riconosce alla dipendente di datore di lavoro pubblico o privato, inserita nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, debitamente certificati dai servizi sociali del comune di residenza o dai centri antiviolenza o dalle case rifugio, il diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale, verticale od orizzontale.
Il diritto è subordinato dalla legge alla presenza di posti disponibili in organico, ma la contrattazione collettiva può prevedere disposizioni più favorevoli.
Su semplice richiesta della lavoratrice, il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere nuovamente trasformato in rapporto di lavoro a tempo pieno.
Lo stesso articolo 24, comma 6, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80 (circolare INPS 15 aprile 2006, n. 65 e circolare INPS 25 gennaio 2019, n. 3), riconosce
La lavoratrice, dipendente o autonoma, è tenuta a:
Per la lavoratrice dipendente del settore pubblico e privato, con rapporto di lavoro in corso di svolgimento, il congedo è indennizzato.
In particolare, per le lavoratrici del settore privato che fruiscono del congedo in parola, spetta una indennità giornaliera pari al 100% dell’ultima retribuzione, calcolata prendendo a riferimento le voci fisse e continuative della retribuzione media giornaliera del periodo di paga mensile o quadrisettimanale scaduto e immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo.
Il congedo spetta per un periodo massimo di 3 mesi equivalenti a 90 giornate di prevista attività lavorativa (un mese di congedo equivale a 30 giornate di astensione effettiva dal lavoro).
Il congedo può essere fruito in modalità giornaliera o oraria.
L’INPS ha chiarito che, in assenza di contrattazione, la lavoratrice del settore privato può scegliere tra la modalità giornaliera e quella oraria. Se la contrattazione prevede una delle due modalità (oraria o giornaliera), il congedo è fruibile nella modalità indicata.
Se è prevista la fruizione in modalità oraria, questa è consentita solo per un numero di ore pari alla metà dell’orario medio giornaliero (contrattuale) del periodo di paga quadrisettimanale o mensile scaduto ed immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo.
In caso di fruizione oraria la lavoratrice ha diritto a percepire l’indennità in misura pari alla metà dell’indennità giornaliera calcolata come prima illustrato.
Il congedo è fruibile in coincidenza di giornate nelle quali è previsto lo svolgimento della prestazione lavorativa.
NOTA BENE: Il congedo non spetta quindi nei giorni non lavorativi (quali ad esempio giorni festivi, periodi di sospensione dell’attività lavorativa o periodi di aspettativa) e nei giorni successivi alla data di cessazione del rapporto di lavoro.
Fatti salvi i casi di pagamento diretto da parte dell’INPS (ad esempio nel caso di operaie agricole, lavoratrici stagionali, lavoratrici dello spettacolo a termine o a prestazione, colf e badanti), Il trattamento economico è anticipato dal datore di lavoro salvo conguaglio con i contributi dovuti all’Istituto.
Le lavoratrici del settore privato possono presentare la domanda di congedo indennizzato per donne vittime di violenza di genere online all'INPS online o, in alternativa, tramite Contact center, patronati e intermediari dell'Istituto.
Per le lavoratrici iscritte alla Gestione Separata è riconosciuto solo il diritto alla sospensione del rapporto di collaborazione, senza indennità.
Alle donne vittime di violenza, senza figli o con figli minori, seguite dai centri antiviolenza riconosciuti dalle regioni e dai servizi sociali nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza, al fine di contribuire a sostenerne l’autonomia spetta il cd. Reddito di Libertà (articolo 3, comma 1, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 dicembre 2020, circolare INPS 8 novembre 2021, n. 166)
Il Reddito di Libertà è concesso dall’INPS, su domanda della lavoratrice interessata, direttamente o mediante un rappresentante legale o un delegato, tramite il Comune di residenza.
Il contributo economico è erogato nella misura massima di 400 euro mensili pro capite, concesso in un’unica soluzione per massimo 12 mesi.
Destinatarie del contributo sono le donne residenti nel territorio italiano che siano cittadine italiane o comunitarie oppure, in caso di cittadine di Stato extracomunitario, in possesso di regolare permesso di soggiorno e le straniere aventi lo status di rifugiate politiche o lo status di protezione sussidiaria.
Ai datori di lavoro privati, che, nel triennio 2024-2026, assumono donne disoccupate vittime di violenza di genere, beneficiarie del reddito di libertà (articolo 1, commi 191-193, legge 30 dicembre 2023, n. 213, legge di Bilancio 2024, circolare n. 41 del 5 marzo 2024), è riconosciuto uno sgravio contributivo totale per le assunzioni di donne disoccupate vittime di violenza di genere, beneficiarie del reddito di libertà.
L’esonero, che spetta anche in caso di trasformazione a tempo indeterminato di un precedente rapporto agevolato, è riconosciuto nella misura del 100% della contribuzione previdenziale datoriale sgravabile, nel limite massimo di importo di 8.000 euro annui per un periodo massimo di 12 mesi per le assunzioni a tempo determinato, 24 mesi per le assunzioni a tempo indeterminato e 18 mesi complessivi per le trasformazioni a tempo indeterminato di un precedente rapporto a termine.
L’esonero previdenziale non copre i premi e i contributi all’INAIL.
Le donne inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere rientrano tra “i soggetti in condizione di svantaggio e inserito in programma di cura e assistenza dei servizi socio sanitari territoriali certificato dalla pubblica amministrazione” ai quali è riconosciuto l'Assegno di inclusione (Decreto Ministeriale n. 160 del 29 dicembre 2023).
Il decreto lavoro (articolo 2, D.L. 4 maggio 2023, n. 48, convertito con modificazioni in Legge 3 luglio 2023, n. 85) dispone che, ai fini del riconoscimento dell'Assegno di inclusione, i soggetti inseriti nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere costituiscono sempre un nucleo familiare a sé, anche ai fini dell'ISEE.
Si ricorda che l'Assegno di inclusione è erogato mensilmente per un periodo continuativo non superiore a 18 mesi e può essere rinnovato, previa sospensione di un mese, per ulteriori 12 mesi.
Il suo importo non può essere inferiore a euro 480 annui.
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei "social plugin".