Pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 4 luglio 2017, la Legge n. 103 del 23 giugno 2017, come recita la stessa rubrica, reca numerose modifiche al Codice penale, al Codice di procedura penale ed all’Ordinamento penitenziario, attraverso previsioni che entrano in vigore proprio a partire da oggi, 3 agosto 2017 (ossia, 30 giorni dalla pubblicazione), fatta eccezione per alcune specifiche disposizioni riguardanti modifiche alle norme di attuazione del Codice di procedura penale, per le quali l’efficacia decorre ad un anno dalla pubblicazione della Legge.
Di seguito, si illustreranno le sole modifiche al Codice di procedura penale, assai numerose, a partire dalla fase delle indagini preliminari. Per citarne solo alcune, esse interessano l’incapacità dell’imputato a partecipare al processo, la comunicazione del domicilio eletto, i colloqui tra il difensore e l’indagato in custodia cautelare (i quali possono essere rinviati per non più di 5 giorni, nel caso riguardino reati di grave allarme sociale), l’incidente probatorio, il termine per la richiesta di archiviazione o l’esercizio dell’azione penale a conclusione delle indagini preliminari (fissato in 3 mesi, salvo che per i reati di particolare gravità).
Più nel dettaglio, gli aspetti principalmente toccati dalla suindicata normativa, riguardano:
La riforma in questione va difatti ad incidere sulla disciplina della capacità a partecipare al processo, introducendo una distinzione tra incapacità reversibile ed incapacità definitiva. Laddove il Giudice accerti che lo stato mentale dell’imputato sia tale da escludere la sua consapevole partecipazione al procedimento, potrà pronunciare sentenza di non luogo a procedere o di non doversi procedere, salvo che ricorrano i presupposti per l’applicazione di una misura di sicurezza.
Il Pubblico ministero, una volta scaduto il termine massimo di durata delle indagini preliminari, può decidere, entro tre mesi, se archiviare il caso o rinviare a giudizio l’indagato. Nella prima ipotesi, ovvero se decida di archiviare il caso e la sua richiesta non sia accolta, il Giudice delle indagini preliminari (GIP) deve fissare l’udienza camerale entro 3 mesi e, ove non ritenga necessarie ulteriori indagini, provvedere a decidere sulle richieste del Pm entro ulteriori 3 mesi.
Si prevede inoltre la nullità del decreto di archiviazione, qualora:
Il rinvio a giudizio o l’archiviazione dovranno essere richiesti dal Pm, come anticipato, entro 3 mesi (prorogabili per altri 3 dal Procuratore generale presso la Corte d’appello in casi particolarmente complessi, eccezionalmente sino a 15 mesi per i delitti di mafia e terrorismo) a decorrere dalla scadenza di tutti gli avvisi e le notifiche di conclusione delle indagini. Infine, in caso di inerzia del Pm, e di mancato rispetto dei termini afferenti alle indagini preliminari, è disposta l’avocazione d’ufficio del fascicolo disposta dal Pg presso la Corte d’Appello.
Novità sono state previste anche in fatto di intercettazioni, laddove con il Provvedimento in questione si delega il Governo ad intervenire mediante un’apposita disciplina, che tenga conto delle garanzie di riservatezza delle comunicazioni telefoniche e telematiche intercettate, specie se tra indagato e difensore. Questo, essenzialmente, intervenendo sulle modalità di utilizzazione cautelare e selezione dei risultati delle intercettazioni, sempre nel rispetto del contraddittorio tra le parti e con particolare tutela delle conversazioni di persone solo occasionalmente coinvolte nel procedimento o delle comunicazioni ed i dati non rilevanti ai fini della giustizia penale.
Sempre in argomento, si delega altresì il Governo ad introdurre un nuovo delitto - per cui è prevista la reclusione non superiore a 4 anni - per punire coloro che diffondano il contenuto di riprese audiovisive o registrazioni di conversazioni telefoniche fraudolentemente captate, con la sola finalità di recare danno alla reputazione. E’ tuttavia esclusa la punibilità, quando dette registrazioni o riprese vengano utilizzate nell'ambito di un procedimento amministrativo o giudiziario o per l'esercizio del diritto di difesa o del diritto di cronaca. Ancora una delega all'Esecutivo, infine, per quanto riguarda la semplificazione delle intercettazioni nei procedimenti per i più gravi reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione (con relativa regolamentazione dell’utilizzo, a tal fine, di dispositivi portatili elettronici).
La riforma in esame introduce importanti modifiche anche in tema di giudizio abbreviato ex art. 438 c.p.p., per cui l’imputato può chiedere che il processo sia definito all'udienza preliminare allo stato degli atti. La norma in questione, come novellata, prevede che la richiesta di giudizio abbreviato in udienza preliminare determini la sanatoria di eventuali nullità (escluse quelle assolute) e la non rilevabilità delle inutilizzabilità (salvo quelle derivanti da un divieto probatorio), nonché la preclusione a sollevare ogni questione sulla competenza territoriale del giudice. Si interviene infine sulla riduzione della pena connessa all'opzione per il rito abbreviato ex art. 442 c.p.p., per cui se si procede per un delitto è confermata la diminuzione della pena di un terzo, mentre se si procede per una contravvenzione si consente il dimezzamento.
La Legge di riforma prevede che, quando nella sentenza di patteggiamento si debba correggere soltanto la specie o la quantità della pena irrogata a seguito di errore nella denominazione o nel computo, è lo stesso giudice che ha emesso la sentenza a provvedervi. Quanto alla impugnabilità della sentenza di patteggiamento, il Pubblico ministero e l’imputato possono ricorrere per Cassazione solo per vizi di volontà, per difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, per erronea qualificazione del fatto, per illegalità della pena o della misura di sicurezza. Tale disciplina non si applica ai procedimenti in corso al momento dell'entrata in vigore della Legge, qualora la richiesta di patteggiamento sia già stata avanzata.
La possibilità di partecipare a distanza al dibattimento processuale - fino ad ora limitato ai processi di mafia, terrorismo e criminalità organizzata - diviene la regola per chi si trovi in carcere, per i testimoni di giustizia e per gli agenti infiltrati, così come può essere prevista, con decreto motivato, anche per ragioni di sicurezza o per particolare complessità del dibattimento. L’eccezione (dunque, la presenza fisica in aula) è disposta dal giudice con decreto motivato, ma mai per i detenuti sottoposti al 41-bis. Le presenti disposizioni sulla partecipazione a distanza, sono di quelle che entrano in vigore dopo un anno dalla pubblicazione della Legge in Gazzetta Ufficiale.
Attraverso una modifica all'art. 546 c.p.p., si interviene sulla struttura della sentenza e sui requisiti della stessa, con l’intento di rafforzarne il percorso della motivazione. Ed è proprio la motivazione ad essere interessata dalla riforma, laddove si richiede, oltre ad una concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto sui cui la decisione è fondata, anche l’indicazione dei risultati acquisiti e dei criteri di valutazione della prova adottati, avendo riguardo all'accertamento dei fatti, alle circostanze relative all'imputazione ed alla loro qualificazione giuridica, alla punibilità, alla determinazione della pena e della misura di sicurezza, alla responsabilità civile da reato; con contestuale enunciazione delle ragioni per cui il giudice non ritiene attendibili le prove contrarie.
La riforma esaminata introduce una nuova causa di estinzione del reato, quale strumento di deflazione penale: le c.d. condotte riparatorie del danno. La disciplina in questione - applicabile solo nei casi di procedibilità a querela soggetta a remissione - prevede che il giudice debba dichiarare estinto il reato, sentite le parti e la persona offesa, quando l’imputato abbia riparato interamente il danno cagionato mediante restituzioni e risarcimenti ed abbia, ove possibile, eliminato le conseguenze dannose delle proprie condotte. La riparazione, perché possa portare all'estinzione del reato deve realizzarsi nel termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado.
Viene introdotta una modifica all'art. 428 c.p.p., che disciplina l’impugnazione della sentenza di non luogo a procedere. Si distingue, in particolare, a seconda che detta sentenza venga appellata dal Pubblico ministero o dall'imputato: a) nel primo caso – ossia di appello del Pm – la Corte d’Appello, se non conferma la sentenza, pronuncia decreto che dispone il giudizio e forma il fascicolo per il dibattimento o pronuncia sentenza di non luogo a procedere con formula meno favorevole per l’imputato; b) nel secondo caso – di appello dell’imputato – la Corte d’Appello, se non conferma la sentenza, pronuncia sentenza di non luogo a procedere con sentenza più favorevole per l’imputato. Infine, il provvedimento di rigetto della Corte d'Appello è ricorribile per Cassazione solo per violazione di legge
La Legge di riforma stabilisce che le impugnazioni, fatta eccezione per quelle dinanzi alla Corte di Cassazione, possono ora essere proposte personalmente dall’imputato e dovranno contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle prove ritenute inesistenti, delle prove omesse o valutate erroneamente e delle richieste istruttorie. Viene inoltre estesa la casistica dei processi ai quali va data priorità di trattazione, ricomprendendovi anche quelli per induzione, concussione e corruzione.
Viene poi reintrodotto, con intenti evidentemente deflativi, il c.d. concordato sui motivi in appello – già esistente, ma abrogato nel 2008 – che consente alle parti di concludere un accordo sull'accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi d’appello; accordo su cui il Giudice d’appello decide, in merito, in camera di consiglio. In ogni caso, non possono essere oggetto di tale nuovo istituto i procedimenti che riguardano una serie di reati di particolare gravità, enunciati dal nuovo articolo 599-bis c.p.p., o quelli contro coloro che sono stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza.
Quanto al ricorso in Cassazione, qualora lo stesso sia dichiarato inammissibile, le parti che lo hanno richiesto, con la medesima ordinanza di rigetto, possono essere condannate al pagamento, in favore della Cassa delle ammende, di una sanzione pecuniaria che può arrivare sino a 5 mila euro (tenendo conto della causa di inammissibilità del ricorso).
Sempre in materia di procedimento in Cassazione, è inoltre data facoltà alle Sezioni semplici di rimettere una causa alle Sezioni Unite - al fine di potenziarne la funzione profilattica - anche se vi è già un principio di diritto applicabile, ma lo stesso non sia condiviso dai giudici della Sezione competente. Le medesime Sezioni possono inoltre enunciare il principio di diritto anche d'ufficio, quando il ricorso sia stato dichiarato inammissibile per una causa sopravvenuta. Aumentano infine le ipotesi in cui è possibile, per i Giudici di legittimità, annullare senza rinvio la sentenza del giudice di merito.
Le modifiche al codice di rito sono destinate ad aumentare nei prossimi mesi, soprattutto in vista delle numerose deleghe al Governo – oltre a quelle sopra indicate in fatto di intercettazioni e correlata tutela della privacy – concernenti diversi aspetti della procedura, tra cui l’applicazione delle misure di sicurezza personali, l’adeguamento del casellario giudiziale, la semplificazione delle procedure dinanzi al magistrato di sorveglianza.
Quadro delle norme |
Legge n. 103 del 23 giugno 2017 Art. 428 c.p.p. Art. 438 c.p.p. Art. 442 c.p.p. Art. 546 c.p.p. Art. 599-bis c.p.p. |
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