Anche il decreto penale di condanna deve contenere l’avviso della facoltà dell’imputato di chiedere, mediante l’opposizione, la sospensione del procedimento con messa alla prova.
E’ infatti incostituzionale l’articolo 460, comma 1 del Codice di procedura penale nella parte in cui non prevede questa comunicazione.
La declaratoria di illegittimità costituzionale della citata disposizione è contenuta nella sentenza della Corte costituzionale n. 201 del 21 luglio 2016.
La Consulta ha, in particolare, evidenziato che, come negli altri riti, anche nel procedimento per decreto la mancata formulazione della richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova nel termine stabilito dall’articolo 464-bis, comma 2, del Codice processuale penale, ed ossia con l’atto di opposizione, determina una decadenza, sicché nel giudizio conseguente all’opposizione l’imputato che prima non l’abbia avanzata non può più presentare la citata richiesta.
A differenza di quanto accade per gli altri riti speciali, tuttavia, la disposizione censurata non prevede, tra i requisiti del decreto penale di condanna, l’avviso all’imputato della citata facoltà in sede di opposizione.
E detta mancata previsione comporta una lesione del diritto di difesa e la violazione dell’articolo 24, secondo comma, della Costituzione.
L’assenza di questo avvertimento può infatti determinare un pregiudizio irreparabile come, del resto, verificatosi nella vicenda da cui ha preso le mosse il rilievo di incostituzionalità in esame, in cui l’imputato, nel fare opposizione, non essendo stato avvisato, aveva formulato la richiesta di messa alla prova solo nel corso dell’udienza dibattimentale, e quindi tardivamente.
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