La V sezione penale della Cassazione ha fornito un importante chiarimento ad una delle questioni più dibattute in ordine alla riforma dei reati fallimentari. Così la Corte, nel testo della sentenza n. 2063 del 2009, ha spiegato che, nel valutare gli “altri artifizi” da cui deriva il carcere per l'intermediario finanziario in caso di market abuse, si deve prescindere totalmente dall'intenzione di questo di alterare il normale gioco fra domanda ed offerta, essendo cioè sufficiente, per una condanna, il dolo generico. Per la Cassazione, “l'artificiosità della condotta è connotato oggettivo di essa che deve prescindere, evidentemente, dall'intenzione del soggetto: il reato in esame è a dolo generico, mentre connotare l'artificio con i caratteri dell'intenzionalità dell'agente verrebbe impropriamente a valorizzare oltre misura le effettive finalità perseguite dal soggetto che compie l'azione”. Con la sentenza, è stata confermata una condanna definitiva per un intermediario finanziario che aveva commesso “artifici” al fine di provocare un'alterazione al ribasso del prezzo ufficiale del titolo azionario della Banca di Roma.
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