Maltrattamenti in famiglia. Il costume del pater familias maschilista non costituisce scriminante
Pubblicato il 06 luglio 2011
I giudici di Cassazione, con la sentenza n.
26153 del 5 luglio 2011, hanno dichiarato l'inammissibilità del ricorso presentato da un uomo avverso la decisione con cui i giudici dei precedenti gradi di merito lo avevano condannato per maltrattamenti in famiglia e lesione personale aggravata nei confronti della moglie, reati ritenuti unificati nel vincolo della continuazione.
La difesa dell'imputato sosteneva l'episodicità degli atti di maltrattamenti ritenendo, altresì, i comportamenti dallo stesso posti in essere come il frutto di una condizione di “
subcultura” che lo portava a considerare la moglie come
"un oggetto di sua esclusiva proprietà" e che le liti familiari o le decisioni in famiglia “
potessero e dovessero essere assunte in quella maniera”.
Secondo la Corte di legittimità, tuttavia, gli
“atteggiamenti derivanti da subculture in cui sopravvivono autorappresentazioni di supeirorità di genere e pretese da padre/marito-padrone non possono rilevare né ai fini dell'indagine sull'elemento soggettivo del reato né a quella concernente l'imputabilità dell'imputato".