L’Iva imbarca il transfer pricing

Pubblicato il 04 dicembre 2006

La direttiva 2006/69/Ce ribadisce, a livello comunitario, le deroghe che gli Stati membri possono adottare alla regola generale che impone la determinazione della base imponibile Iva in forza dei corrispettivi fissati dalle parti nell’ambito dei relativi contratti. Il legislatore ammette, inoltre, il ricorso al valore normale per la determinazione della base imponibile Iva di tutte le transazioni che si realizzano tra “soggetti collegati”. In quest’ottica, la previsione comunitaria è da considerarsi del tutto innovativa in quanto introduce tra i principi dell’ordinamento europeo - a cascata negli ordinamenti degli Stati membri – una nozione di “prezzo di trasferimento”  Iva che si applicherà sia nei rapporti internazionali, sia nelle transazioni che si realizzeranno nel singolo Stato. La direttiva, che diverrà operativa anche in Italia dal 1° gennaio 2008, fornisce una nozione di valore normale che pur ricalcando principi già fissati, a livello nazionale, dal Dpr 633/72 (art. 14), risolve in via definitiva il problema della determinazione del valore di beni o servizi in cui non è possibile ricostruire l’effettivo valore di riferimento. In relazione a quest’ultimo aspetto, infatti, il provvedimento comunitario, per individuare il valore dei beni, fa riferimento al costo di produzione o al prezzo di acquisto.   

Dal momento che in Italia l’applicazione del valore normale quale criterio di determinazione della base imponibile Iva è criterio eccezionale, che va applicato in conformità ai principi comunitari, è necessario verificare la compatibilità delle recenti regole nazionali che hanno previsto quale criterio di accertamento il valore normale delle transazioni. In particolare, occorre analizzare l’articolo 35, comma 2, del Dl 223/06, che ha introdotto una presunzione relativa e ha vincolato, nella cessione di immobili, la fissazione della base imponibile Iva a un valore non inferiore a quello normale.

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