La Corte di cassazione ha ribadito l’utilizzabilità, ai fini dell’accertamento di una pretesa fiscale e nel contraddittorio con il contribuente, dei dati bancari trasmessi dall’autorità finanziaria francese a quella italiana e contenuti nella cosiddetta “Lista Falciani”, anche se acquisiti con modalità illecite ed in violazione del diritto alla riservatezza bancaria.
Ciò, senza onere di preventiva verifica da parte dell’autorità destinataria.
Nel caso come quello esaminato, del resto – ha precisato la Suprema corte – gli elementi posti dal Fisco a base dell’accertamento risultano trasmessi dall’amministrazione finanziaria francese a quella italiana nelle forme previste dalla direttiva 77/700/CEE e della Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra Italia e Francia nel 1989, ratificata con la Legge n. 20/1992, e dunque nell’ambito delle procedure sullo scambio di informazioni previste dalla direttiva e dalla convenzione.
I dati acquisiti dal dipendente della banca residente all’estero, ossia, nonostante l’eventuale illecito commesso da quest’ultimo e la violazione dei doveri di fedeltà e riservatezza, sono stati ottenuti dal Fisco italiano mediante i prescritti strumenti di cooperazione comunitaria e sono, pertanto, utilizzabili.
L’ufficio finanziario – ha spiegato la Cassazione - nella sua attività di accertamento dell’evasione fiscale, può avvalersi di qualsiasi elemento con valore indiziario, salvo quelli la cui inutilizzabilità discenda da una disposizione di legge o dal fatto di essere stati acquisiti dall’amministrazione, in violazione di un diritto del contribuente.
Nella vicenda di specie, la Sesta sezione civile di Cassazione – ordinanza n. 17503 del 1° settembre 2016 – ha accolto il ricorso promosso dall’agenzia delle Entrate contro la decisione con cui i giudici di merito avevano affermato l’inutilizzabilità, a sostegno di un accertamento tributario a carico di un contribuente, dei dati contenuti nella Lista Falciani.
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