Lista Falciani, l'utilizzo dei dati da parte del Fisco italiano è possibile

Pubblicato il 20 agosto 2015

Dopo le due ordinanze emesse il 28 aprile scorso (nn. 8605 e 8606), la Sezione tributaria civile della Corte di Cassazione è intervenuta nuovamente con due sentenze gemelle, depositate in data 19 agosto 2015, le numero 16950 e 16951, chiudendo definitivamente la questione dell’origine illecita dei file trafugati a Ginevra (cosiddetta Lista Falciani), ammettendone la loro utilizzabilità nei contenziosi con l’Amministrazione fiscale italiana.

Si ricorda brevemente che la lista prende il nome dall'ex dipendente della banca Hsbc Private Banking di Ginevra, che copiò illecitamente le posizioni di decine di migliaia di clienti per poi vendere i file al Fisco francese. Successivamente, il file con la lista dei nominativi venne diffuso anche in altri Paesi, tra cui l’Italia, attraverso i canali dell’assistenza amministrativa tra Stati.

Tuttavia, molte commissioni tributarie hanno escluso la lista Falciani dai processi considerandola di origine illecita. Ossia hanno escluso l’utilizzabilità delle prove riscontrabili dai file contro i presunti evasori.

Con le due nuove pronunce, i Supremi giudici replicano e amplificano le motivazioni rese in precedenza, riconoscendo al Fisco Italiano il via libera per le azioni di recupero nei confronti dei 7.499 contribuenti italiani, i cui nominativi apparivano nella lista, per un patrimonio extrafiscale complessivo di 7,4 miliardi di euro.

Il ricorso presentato dall'Agenzia delle Entrate è, così, accolto su tutta la linea dalla Sezione tributaria che ora può affermare l’utilizzo degli “elementi comunque acquisiti” dall’Amministrazione finanziaria previsti dal Dpr 600/73 (articoli 39 e 41) e dal Dpr 633/72 (articolo 51) “secondo i canoni tipici della prova per presunzioni”, dato che questi elementi non sono “predeterminati nè predeterminabili dalla legge”. È di fatto possibile, dunque, utilizzare a pieno titolo le notizie contenute nella lista Falciani come indizi nei confronti dei contribuenti italiani dato che il segreto bancario non è un diritto intangibile dei contribuenti.

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