L’indeducibilità dei costi da reato è valutabile con riferimento ai singoli “atti”

Pubblicato il 12 ottobre 2011 La Commissione tributaria provinciale di Roma, sezione XXXV, ha analizzato la norma di legge che prevede l’indeducibilità dei costi di reato.

Con la sentenza n. 531/2011, la Commissione specifica che il dettato normativo che impone l’indeducibilità è riferito alle sole imposte sui redditi e in virtù della sua funzione di sanzione impropria non può essere applicato, in via analogica, ad altri tributi, come l’Iva e l’Irap. Anzi, trattandosi proprio di una sanzione applicata al contribuente che commette reato, questa costituisce un’eccezione e deve rimane confinata nell’ambito degli illeciti penali.

Pertanto, in situazioni specifiche in cui l’accertamento tributario riscontra – come nel caso di specie - una dichiarazione infedele con relativa deduzione dei costi per Ires, Irap e Iva, spetta al giudice esaminare separatamente la legittimità dell’atto di verifica fiscale “in relazione alle singole imposte”.

Inoltre, dal momento che il testo della norma si riferisce proprio ai costi riguardanti un’attività che costituisce illecito penale, è evidente che non si possono far ricomprendere nella casistica anche gli illeciti civili o amministrativi, per i quali restano valide le regole ordinarie. Ex lege, si possono tassare anche i proventi derivanti da fatti, atti o attività qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo a patto però che non siano già sottoposti a sequestro o confisca penale; per di più si possono considerare redditi diversi se non facenti parte di altre categorie reddituali. In conclusione, poi, si specifica che se il reato riguarda solo alcuni “fatti” o “atti” dell’attività lecita svolta dall’imprenditore, l’indeducibilità deve essere limitata alle relative spese.
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