La Corte di Cassazione, con sentenza depositata il 25 ottobre, la n. 37818, ha annullato, con la formula “perché il fatto non sussiste”, la decisione di condanna irrogata nei confronti di un imprenditore che aveva importato in Italia dei portafogli confezionati in Cina nei quali era stata riportata la dicitura “Vera pelle Italy”. Secondo i giudici di merito l'imputato era colpevole di aver introdotto prodotti con segni distintivi falsi e idonei a indurre in errore l'acquirente sull'origine del prodotto e, per questo era stato condannato a due mesi di reclusione.
Una lettura, questa, non condivisa dalla Corte di legittimità, secondo cui non sussiste, per l'imprenditore, alcun obbligo di indicare il luogo di fabbricazione del prodotto creato, importato o commercializzato; in realtà, l'unico dovere eventualmente impostogli, qualora lo stesso decida di indicare il paese di fabbricazione, è di evitare di dare false informazioni. La previsione di un obbligo di tale tenore – precisa il Collegio - porterebbe a scoraggiare i rapporti tra imprese situate in Stati membri diversi.
Nella specie, anche se i portafogli erano stati prodotti in Cina, l'indicazione riportata sulla merce era veritiera dato che la pelle proveniva dall'Italia; detta dicitura, infatti, non era destinata a fornire informazioni sul luogo dove, con la pelle italiana, erano stati fabbricati i portafogli. L'apposizione di detta scritta, quindi, non integrava, in alcun modo, il reato contestato.