L'ipotesi di lieve entità del fatto non può essere legittimamente esclusa in ragione della reiterazione nel tempo di una pluralità di condotte di cessione della droga, prescindendo dunque da una valutazione di tutti i parametri dettati in proposito dall'art. 73 comma 5 D.p.r. 309/1990.
Pertanto, lo svolgimento di attività di spaccio di stupefacenti non occasionale ma continuativo non è di per sé incompatibile con l'attenuante della lieve entità del fatto, come si desume proprio dall'art. 74 del citato decreto.
Lo ha chiarito la Corte di cassazione, sesta sezione penale, con sentenza n. 49463 depositata il 16 dicembre 2015, accogliendo il ricorso di alcuni imputati, condannati per detenzione e cessione di sostanze stupefacenti, cui tuttavia non era stata riconosciuta, in sede d'appello, la lieve entità del fatto, stante la reiterazione delle condotte di spaccio, che aveva messo in luce – a parere della Corte territoriale – il carattere stabile e continuativo del comportamento illecito e la particolare diffusività e pericolosità dello stesso.
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