In tema di licenziamento collettivo, risulta carente la comunicazione preventiva di avvio della procedura di riduzione del personale che non espliciti le ragioni che hanno determinato la scelta datoriale di individuare l’esubero di lavoratori solo in riferimento a specifiche professionalità, precludendo la possibilità del sindacato di verificare la legittimità della scelta aziendale.
A stabilirlo è la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 119 del 7 gennaio 2020. Nel caso di specie, un’azienda aveva licenziato collettivamente alcuni lavoratori avvalendosi della procedura di mobilità di cui all’art. 4 della L. n. 223/1991, conclusasi con verbale negativo. I lavoratori impugnavano la decisione datoriale, eccependo una presunta non esaustiva indicazione dei dati numerici giustificativi della crisi aziendale.
I giudici della Suprema Corte, in accordo con la sentenza di secondo grado di giudizio, hanno respinto la motivazione datoriale, sostenendo che la procedura disciplinata dall’art. 4 su menzionato è volta sia a consentire una proficua partecipazione alla cogestione della crisi da parte del sindacato sia a rendere trasparente il processo decisionale datoriale, in funzione della tutela dell'interesse del lavoratore destinato potenzialmente ad essere estromesso dall'azienda.
La lettera di avvio della procedura di mobilità assolve, quindi, la funzione di garantire l'effettività del confronto con le organizzazioni sindacali destinatarie della comunicazione, salvo ulteriore verifica, comunque, della loro pertinenza ed inerenza alle ragioni alla base della procedura stessa.
La necessità della conformazione della comunicazione ai requisiti prescritti dall'art. 4, co. 3 della L. n. 223/1991 è, pertanto, finalizzata a consentire alle organizzazioni sindacali di verificare il nesso tra le ragioni che determinano l'esubero di personale e le unità che, in concreto, l'azienda intende espellere.
Sul punto, tengono a precisare i giudici di legittimità, che ciò non costituisce un controllo sulla legittima scelta imprenditoriale di adire una procedura di licenziamento collettivo, assolutamente coerente con il principio di libertà della iniziativa economica privata, pertanto insindacabile in sede giudiziale, quanto piuttosto di verificare il rispetto della specificità degli oneri di comunicazione in sede di apertura e chiusura della procedura di mobilità.
In definitiva, la Cassazione ha ritenuto carente la comunicazione preventiva nella esplicitazione delle ragioni che avevano determinato la scelta aziendale di individuare l'esubero esclusivamente nell'ambito di specifiche professionalità, quali esemplificativamente la soppressione delle funzioni ritenute meno necessarie o di quelle la cui mancanza consentiva comunque il proseguo delle attività ovvero la necessità di una struttura più snella in determinati reparti e maggiormente rispondente alle attività programmate: ciò non consentiva, secondo i giudici, al sindacato una puntuale verifica sulla legittimità della scelta operata.
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