L’etica professionale vincola il commercialista ad un comportamento corretto e lo inchioda alle sue responsabilità

Pubblicato il 28 aprile 2010

La terza Sezione civile della Corte di cassazione, con la sentenza n. 9916 depositata il 26 aprile 2010, ha condannato al risarcimento del 50% delle sanzioni comminate dal Fisco al contribuente, il commercialista che aveva esposto nella dichiarazione dei redditi del cliente costi non documentati o non inerenti all’anno di imposta. È “preciso obbligo di diligenza del professionista non appostare costi privi di documentazione o non inerenti all'anno della dichiarazione”.

Di più, al fine di escludere la responsabilità del commercialista:

 

- non rileva la circostanza dell’esistenza di un simile accordo con il cliente, infatti è contrario alla legge e all’etica professionale qualsiasi accordo con il cliente per l'esposizione di costi non dimostrati;

 

- a nulla rileva neppure la circostanza che il cliente tenesse in modo disordinato la sua contabilità, poiché il professionista deve escludere i costi se il cliente non ha provveduto a fornire la relativa documentazione.

In merito, il presidente del Cndcec, Claudio Siciliotti, ha osservato che “i commercialisti non si sottraggono alle proprie responsabilità, ma non possono accettare di essere considerati responsabili verso i clienti, anche a prescindere da accordi privatistici presi con loro” e ricorda che la stessa Cassazione non riconosce alla consulenza tributaria lo status giuridico di professionisti posti a presidio di un pubblico interesse: “la giurisprudenza della Cassazione ha in passato negato questo ruolo dei commercialisti in ambito tributario, affermando che la consulenza e l'assistenza tributaria è liberamente esercitabile da qualsiasi soggetto. Come è possibile ora porre proprio lo status giuridico del commercialista alla base di un principio di responsabilità nei confronti del cliente che dovrebbe prescindere persino da possibili accordi privatistici tra consulente e cliente? Se per l'assistenza tributaria è possibile andare anche da soggetti privi di quegli obblighi deontologici che la sentenza pone alla base della responsabilità del commercialista, significa che quegli obblighi deontologici non sono considerati dal giudice un valore prezioso e imprescindibile”.

Sempre sulla responsabilità del professionista per negligente svolgimento dell’attività professionale verso il proprio cliente, si è espressa , con la sentenza n. 9917/2010, che ha stabilito che la responsabilità del commercialista presuppone la prova del danno e del nesso causale tra la condotta del professionista e il danno subito dal cliente. Non basta la domiciliazione della contabilità presso il professionista: la prova dell’esistenza di un rapporto professionale abbisogna di più ampi elementi probanti.

Inoltre, la mancata impugnazione dell’accertamento fiscale, ai fini dell’attribuzione della responsabilità per colpa professionale, implica una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito favorevole dell’azione giudiziale che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente seguita.

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