Legittimità della filiazione tra due donne unite in matrimonio
Pubblicato il 08 gennaio 2015
E’
legittima, in quanto non contraria all’ordine pubblico, la
trascrizione dell’atto di nascita di un
minore nato in Spagna con
inseminazione eterologa, da
due donne – di cui una di cittadinanza italiana-
riconosciute entrambe madri secondo la legge spagnola.
Questo è quanto stabilito dalla Corte d’Appello di Torino, con
decreto del 29 ottobre 2014, in accoglimento del ricorso presentato da due donne unite in matrimonio in Spagna, perché venisse
riconosciuto in Italia il rapporto di filiazione con il proprio bambino.
Il Tribunale di Torino, in prima battuta, aveva negato la cittadinanza italiana del minore nonché la trascrivibilità del relativo atto di nascita presso l’Ufficio comunale,
per contrarietà all’ordine pubblico.
La madre italiana, infatti, aveva solo donato gli ovuli per l’inseminazione e non anche portato a termine la gravidanza, mentre, secondo la legge italiana, è “
madre” solo colei che partorisce, non rilevando affatto “
la determinazione legale della filiazione materna matrimoniale” del coniuge di sesso femminile.
Viceversa, la Corte di Appello di Torino ha stabilito che nel caso in esame
sussistessero tutti i presupposti, secondo la Legge 218/1995, per il riconoscimento del rapporto di filiazione.
Ha chiarito, infatti, l’
efficacia nel nostro Paese, di tutti quei
provvedimenti stranieri che, in applicazione della norma internazionale di rinvio,
consentano lo stabilimento della filiazione, in favore del minore.
Né la
trascrizione dell’atto di nascita poteva ritenersi, nel caso in questione, contraria all’ordine pubblico per l’unione omosessuale delle due madri, la quale, pur se non produttiva di effetti giuridici tra i partners, era da considerarsi esistente nei confronti ed a garanzia del minore.
E’ ormai da tempo affermato, infatti, che il
concetto di ordine pubblico debba essere
rivisitato tenendo conto del
superiore interesse del minore.
Ed è fuori dubbio che nel caso di specie
non fosse affatto favorevole privare il bambino di un legame attraverso il quale esprimere il proprio status di figlio.