Con sentenza n. 108 depositata il 9 giugno 2015, la Corte Costituzionale ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale – sollevata da un Collegio arbitrale - dell'art. 1 comma 25 L. 190/2012 (c.d. "Legge anticorruzione") nonché dell'art. 241 comma 1 D.Lgs 163/2006 (c.d. Codice degli appalti), come sostituito dall'art. 1 comma 19 L. 190/2012, in riferimento agli agli artt. 3, 24, 25, 41, 97, 102 e 111 Cost.
La questione sollevata era sorta, in particolare, nell'ambito di un giudizio arbitrale relativo a due contratti d'appalto con i quali una Ausl aveva affidato ad una società cooperativa l'espletamento di servizi di assistenza per disabili.
Per risolvere la insorta controversia, la società affidataria aveva dapprima promosso il giudizio arbitrale, avvalendosi della clausola compromissioria prevista nel capitolato d'oneri.
Il Collegio arbitrale tuttavia, dopo la sua costituzione, aveva chiesto alla Ausl una motivata conferma dell'autorizzazione all'arbitrato; conferma che tuttavia, nell'ottica di contenimento dei costi del contenzioso, l'ente pubblico in questione non aveva accordato.
Dinnanzi a tale rifiuto, il Collegio arbitrale aveva dunque sollevato dinnanzi alla Consulta – ritenendola questione pregiudiziale alla risoluzione della lite - alcuni profili di incostituzionalità dell'art. 241 comma 1 D.Lgs 163/2006, come sostituito dalla recente Legge anticorruzione, laddove non consentiva il deferimento ad arbitri delle controversie in materia di contratti pubblici, senza una preventiva e motivata autorizzazione della pubblica amministrazione, pena la nullità di eventuali clausole compromissorie.
La Corte Costituzionale ha tuttavia respinto detta censura, chiarendo innanzitutto come il divieto di deferire le controversie ad arbitri senza una preventiva e motivata autorizzazione amministrativa, non produce l'effetto di rendere nulle con effetto retroattivo le clausole compromissorie, bensì quello di sancirne l'inefficacia per il futuro (secondo un principio giurisprudenziale per cui eventuali mutamenti che intervengano nel contratto per effetto di una legge sopravvenuta sono destinati ad incidere nel rapporto contrattuale).
Inoltre, la scelta discrezionale del legislatore di subordinare ad autorizzazione amministrativa il deferimento ad arbitri, non è – come invece sostenuto dal rimettente – manifestamente irragionevole, né si configura come una manifestazione di sfavore verso l'arbitrato, bensì come una mera limitazione dell'autonomia che può essere giustificata dalla tutela di prevalenti interessi pubblici, come ad esempio quello al contenimento dei costi o alla prevenzione della illegalità nella p.a..
Infine la richiamata normativa, la cui previsione si va ad inserire in una fase che precede il giudizio, non comporterebbe affatto la denunciata violazione del principio di parità delle parti processuali, con sbilanciamento in favore della p.a.
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