L'attività lavorativa resa in ambito familiare, tra persone legate da vincoli di parentela o affinità, è presuntivamente prestata a titolo gratuito. Per superare tale assunto deve essere fornita rigorosa prova dell'assoggettamento al potere direttivo ed organizzativo del datore di lavoro.
Con la sentenza 30 settembre 2020, n. 20904, i giudici di legittimità tornano a pronunciarsi sui rapporti di lavoro resi tra familiari escludendo, come da costante orientamento giurisprudenziale, che in questi possano ravvisarsi i caratteri tipici del rapporto di lavoro subordinato.
Invero, l'attività lavorativa resa da soggetti legati da vincoli di parentela o affinità trova presuntivamente fonte nella circostanza che la stessa venga resa normalmente vel benevolentiae causa. Ove il familiare intendesse superare in giudizio tale presunzione sarà necessario fornite la prova rigorosa degli elementi tipici della subordinazione, tra i quali, l'assoggettamento al potere direttivo-organizzativo altrui e l'onerosità.
In conferma della sentenza impugnata, nella quale i giudici di seconde cure hanno accertato che la presenza del familiare era sporadica e caratterizzata da interventi non continuativi e non pregnanti di supervisione, il ricorso viene rigettato ed il rapporto di lavoro di cui trattasi ricondotto ai connotati della collaborazione familiare.
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