L’Adc di Milano invita a usare l’Iva e gli studi di settore secondo le direttive della Corte Ue

Pubblicato il 09 dicembre 2009 L’Associazione italiana dottori commercialisti di Milano (Adc) si è impegnata a preparare un dossier da inviare - nei prossimi mesi - alla Commissione europea, per ottenere un ripensamento del legislatore sull’Iva quale strumento di accertamento presuntivo. Secondo l’Adc, la giurisprudenza Ue ribadisce costantemente il divieto della presunzione di maggiori ricavi fondata su elementi di carattere generale e/o statistici e che prescindono dalla posizione individuale. Basarsi sugli studi di settore può essere un errore, dato che essi si fondano su una generalizzazione dei ricavi che non è ammessa dall’Unione europea. Anche se la Cassazione è poi intervenuta per specificare che gli studi di settore devono essere considerati come presunzioni semplici da comprovare con altri elementi presuntivi anche precisi e concordanti - che ammettono comunque la prova contraria del contribuente – per quanto riguarda l’Iva gli studi non devono essere considerati come strumenti di uso interno dell’Amministrazione fiscale, tali da essere usati per scegliere i contribuenti su cui indirizzare i controlli. Per queste ragioni, l’Associazione di Milano ribadisce che lo scopo del loro intervento è quello di voler vedere applicati correttamente i diritti dei contribuenti sulla base della corretta interpretazione che viene fatta dalla Corte Ue, i cui principi devono sempre prevalere sulle contrarie norme di diritto nazionale.
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