Il ministero del Lavoro emana la nota interpello 6123 (16 novembre), con la quale risponde al quesito posto da una Asl di Roma in ordine all’incidenza sul periodo di comporto della malattia insorta in gravidanza e al relativo trattamento economico. Il periodo di maternità non è computabile nella durata massima della malattia ai fini del periodo di comporto per conservazione del posto. L’articolo 20 del regolamento d’attuazione della legge 1204/1971 stabilisce che i periodi di assistenza sanitaria per malattia determinata da gravidanza - ancorché non rientrante, quest'ultima, nelle gravi complicanze della gestazione o nel puerperio - non sono computabili nella durata prevista da leggi, regolamenti e contratti collettivi per il trattamento normale di malattia. Perciò, il periodo di malattia connesso al puerperio (ovvero quello immediatamente successivo al parto) non incide, indipendentemente dalla durata, ai fini del computo del periodo di comporto. La conclusione è valida, precisa il Lavoro nella nota, anche quando la malattia, debitamente certificata, ha durata superiore al periodo convenzionalmente inteso come puerperio (= l’arco temporale che va dal giorno successivo al parto sino ai tre o quattro mesi che seguono, che in tal caso è obbligatoriamente di tre mesi, mentre quello di gravidanza é di due).
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