La domanda sullo scioglimento della comunione non trova il limite della causa di separazione

Pubblicato il 08 marzo 2010

Rivede la sua posizione la Corte di cassazione, con sentenza n. 4757 del 26 febbraio 2010, in merito alla proponibilità della domanda di scioglimento della comunione legale in pendenza della causa di separazione tra i coniugi.

Fino ad oggi la questione della presentazione della domanda di scioglimento della comunione legale quando sia già stata iniziata la causa di separazione tra i coniugi ha sempre visto una soluzione sfavorevole alla sua proponibilità. Ma ora la Corte ritiene errato sostenere il principio che la domanda di divisione dei beni deve essere proposta dopo il passaggio in giudicato della sentenza di separazione, che è comunque un presupposto dello scioglimento della comunione, in quanto vuol dire ritenere il giudicato alla stregua di un presupposto processale. Ma di tale figura nel codice di rito non ve ne è traccia. Pertanto il giudicato sulla separazione personale dei coniugi va visto come condizione dell’azione non come presupposto processuale, e le condizioni dell’azione devono sussistere al momento della pronuncia e non a quello della domanda. Da ciò discende che il passaggio in giudicato del giudizio di separazione, avvenuto durante il giudizio di scioglimento della comunione, fa emergere l’interesse ad agire, concreto, allo scioglimento della comunione facendo decadere l’eventuale carenza originaria dell’azione giudiziaria.

Quindi deve ritenersi efficace la pronuncia di merito sulla comunione intervenuta dopo il passaggio in giudicato della causa di separazione.

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