Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale dei Consulenti del Lavoro e di nuovo al vertice del Cup, intervistata afferma che quando il principio dell'equo compenso per i professionisti non viene rispettato, questi rappresentano, non già l'elemento forte, piuttosto la parte debole del rapporto contrattuale con il loro committente. Per tale ragione, nell'audizione alla Camera dei Deputati sul Jobs Act dei lavoratori autonomi, i Consulenti del Lavoro hanno sollecitato l'applicazione di quel principio.
Fissare un equo compenso per le categorie professionali significa regolamentare un mercato nel quale, finora, la liberalizzazione ha mostrato il suo fallimento. D'altra parte, si legge tra le righe, il cliente parte di un rapporto contrattuale equilibrato apprezzerà un professionista serio, preparato, aggiornato e rispetterà che il compenso non sia al di sotto delle soglie di sussistenza.
“La qualità del lavoro deve essere premiata. Non vorrei farne una campagna sindacale, ma l’articolo 36 della Costituzione vale anche per i professionisti.”.
In audizione in Parlamento è stato, giorni addietro, anche il Consiglio nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, con proposte di modifica al Jobs Act dei lavoratori autonomi ora all'esame della Camera, circa la disciplina del lavoro agile, in particolare le modalità di controllo da parte del datore di lavoro e la copertura assicurativa per la parte di prestazione resa in luoghi variabili.
Quella sul lavoro agile è, attualmente, una formulazione che, spiega Vito Jacono (Consigliere uscente del CNDCEC), “non chiarisce diversi aspetti controversi”, anzi costringe le due parti del rapporto di lavoro a “muoversi in un quadro normativo vastissimo”, completato da interpretazioni giurisprudenziali senza una precisa direzione, come da documenti di prassi non efficaci erga omnes.
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