Per beneficiare dell’esenzione Iva all’importazione, la comunicazione all'autorità doganale del numero di partita Iva dell'acquirente non si può considerare requisito sostanziale ma solo formale.
Le autorità competenti di uno Stato membro non possono negare il beneficio se i beni sono stati ceduti ad un acquirente intracomunitario diverso da quello indicato nella dichiarazione doganale, nel caso in cui la suddetta variazione del destinatario sia stata resa nota all'autorità competente e sia dimostrata la sussistenza dei requisiti sostanziali per l'esenzione della cessione intracomunitaria.
Lo stabilisce la Corte di Giustizia Ue nella sentenza, causa C-108/17, del 20 giugno 2018.
La Corte europea era stata chiamata a decidere sull’interpretazione dell’art. 138, dell’art. 143, paragrafo 1, lettera d), e dell’art. 143, paragrafo 2, della direttiva Iva, oltre che sui principi della neutralità fiscale e della tutela del legittimo affidamento, nell’ambito di una controversia riguardante l’esenzione dall’Iva sulle importazioni, riferita ad uno scambio intracomunitario di combustibili.
I giudici della Corte Ue, nell’esaminare le questioni interpretative sollevate in relazione all’articolo 143, par. 1, della direttiva Iva, che esenta le importazioni di beni effettuate in vista di una cessione intracomunitaria esente, analizzano le condizioni per godere di tale beneficio (paragrafo 2 dello stesso articolo).
Dall’esame emerge che l'obbligo per l'importatore di indicare il numero d'identificazione Iva dell'acquirente non può essere considerato condizione sostanziale ma solo un requisito formale.
Tale obbligo, infatti, è stato introdotto al solo fine di uniformare l'applicazione dell'esenzione tra gli Stati membri (in Italia recepito nei commi 2-bis e 2-ter, dell’articolo 67, del Dpr 633/72).
Secondo la Corte di Giustizia Ue, dunque, la violazione del suddetto obbligo dell'importatore di comunicare all'autorità doganale il numero di partita Iva dell'acquirente, nell’ambito di una cessione intracomunitaria, può essere punita con sanzioni proporzionate, ma non può pregiudicare il diritto dell’esenzione, a meno che non sia dimostrato che il cambiamento del numero identificativo dell’acquirente renda impossibile accertare la sussistenza dei presupposti sostanziali oppure che il soggetto passivo abbia partecipato, oppure avrebbe dovuto rendersi conto di partecipare, ad una frode.
Le autorità competenti di uno Stato membro, quindi - conclude la sentenza relativa alla causa C-108/17 - non possono negare il beneficio dell’esenzione dall’Iva all’importazione per il solo fatto che, per circostanze intervenute successivamente all’importazione, i prodotti sono stati ceduti ad un soggetto passivo diverso da quello il cui numero di identificazione Iva era stato indicato nella dichiarazione d’importazione. Ciò, ovviamente, ad una condizione: l’importatore deve aver comunicato tutte le informazioni relative all’identità del nuovo acquirente alle autorità dello Stato UE di importazione e le successive cessioni dei beni soddisfino i requisiti sostanziali delle cessioni intracomunitarie.
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei "social plugin".