La Cassazione contraddice il Ministero del Lavoro sul ruolo del Ccnl nel ricorso al lavoro intermittente: la disciplina di riferimento non riconosce esplicitamente alle parti sociali alcun potere di interdizione in ordine alla possibilità di utilizzo di tale tipologia di contratto.
La sentenza è la n. 29423 del 13 novembre 2019, il provvedimento contraddetto è la nota n. 18194 del 4 ottobre 2016 del Ministero del Lavoro.
Dunque, niente veto della Contrattazione collettiva in ordine all’utilizzabilità tout-court del contratto di lavoro intermittente, non trova conferma nel dato testuale e sistematico della disciplina di riferimento. E tra le ipotesi di divieto non c’è quella di inerzia o veto delle parti collettive.
Demandata alla contrattazione collettiva l’individuazione delle “esigenze” per le quali è consentita la stipula di un contratto a prestazioni discontinue.
Il fatto che il legislatore preveda, in assenza o nell’inerzia delle parti sociali, l’intervento sostitutivo del Ministero del Lavoro per “garantire l’operatività” dell’istituto, smentisce il potere di veto del Ccnl.
Nella sentenza un excursus della disciplina che ha regolamentato, dal 2003 (Dlgs 276), il lavoro intermittente e che ha subìto negli anni abrogazioni e ripristini. Oggi tale tipologia è disciplinata dall’articolo 13 del Dlgs 81/2015.
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