E’ legittima la sanzione della sospensione per tre mesi dall’esercizio della professione, irrogata ad un avvocato che, conclusa l’assunzione di un testimone in un procedimento civile, dal medesimo verbalizzata, ha integrato il verbale con una frase non dettata dal giudice.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, rigettando l’istanza di un avvocato, di sospensione dell’esecuzione della condanna disciplinare.
Il legale si doleva, in particolare, del fatto che il Cnf – nella pronuncia impugnata – avesse ritenuto adeguata l’applicazione della sospensione dalla professione, quando invece il Codice deontologico la contempla solo per infrazioni consistenti in comportamenti o responsabilità gravi, o quando non sussistono le condizioni per irrogare la sola censura.
Viceversa, nel caso de quo - affermano le Sezioni Unite - la sospensione ben poteva essere irrogata dagli Organismi disciplinari, avendo il Cnf ben argomentato in ordine alla gravità del fatto commesso ed all'adeguatezza della sanzione comminata.
Del resto – concludono gli ermellini con ordinanza n. 6967 del 17 marzo 2017 – la concreta individuazione delle condotte costituenti illecito disciplinare, definite dalla legge mediante clausola generale (abusi o mancanze nell'esercizio della professione o, comunque, fatti non conformi al decoro ed alla dignità della professione), è rimessa all'Ordine professionale. Il controllo di legittimità sull'applicazione di tali norme, nello specifico, non consente alla Cassazione di sostituirsi al Cnf nell'enunciazione delle ipotesi di illecito, se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza, che attiene non tanto alla congruità della motivazione, quanto piuttosto alla individuazione del precetto.
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