La Corte costituzionale ha dichiarato essere incostituzionale l'art. 13, comma 6, secondo periodo, del Dlgs n. 38/2000, nella parte in cui porta ad una duplicazione dell’indennizzo, a differenza di altre parti del comma stesso.
La norma, oggetto della trattazione della sentenza n. 63 del 13 aprile 2021, stabilisce, al primo periodo, che il grado di menomazione dell’integrità psicofisica causato da infortunio sul lavoro o malattia professionale, quando risulti aggravato da menomazioni preesistenti concorrenti derivanti da fatti estranei al lavoro o da infortuni o malattie professionali verificatisi o denunciate prima della data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma 3 e non indennizzati in rendita, deve essere rapportato non all’integrità psicofisica completa, ma a quella ridotta per effetto delle preesistenti menomazioni.
Prosegue al secondo periodo disponendo che, quando per le conseguenze degli infortuni o delle malattie professionali verificatisi o denunciate prima della data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma 3 l’assicurato percepisca una rendita o sia stato liquidato in capitale ai sensi del testo unico, il grado di menomazione conseguente al nuovo infortunio o alla nuova malattia professionale viene valutato senza tenere conto delle preesistenze.
In tale caso – prevede il terzo periodo del comma 6 - l’assicurato continuerà a percepire l’eventuale rendita corrisposta in conseguenza di infortuni o malattie professionali verificatisi o denunciate prima della data sopra indicata.
Dunque, sostiene la Corte costituzionale, con il primo periodo viene permesso considerare, nella stima del danno biologico provocato da una tecnopatia cagionata da infortunio o malattia professionale, dell’eventuale aggravamento derivante da una malattia concorrente, pur se questa non ha una causa lavorativa. Di seguito, però, si rileva la presenza di un elemento dissonante, in quanto la tecnica prescelta per valorizzare l’eventuale maggior peso della patologia concorrente non viene adottata per le patologie concorrenti per le quali, in base al TU Infortuni, fosse stato erogato un indennizzo.
Da ciò emerge che, in modo irragionevole, l’assicurato che ha già avuto dall’INAIL un indennizzo per la prima tecnopatia, otterrebbe di più, nella stima degli effetti pregiudizievoli derivanti dalla seconda tecnopatia concorrente, del lavoratore che - in base al TU Infortuni - non avesse ricevuto alcun precedente indennizzo.
Secondo i giudici, dunque, l'articolo 13, comma 6, secondo periodo, del Dlgs n. 38/2000, è costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede che il grado di menomazione dell'integrità psicofisica causato da infortunio sul lavoro o malattia professionale, quando risulti aggravato da menomazioni preesistenti concorrenti, deve essere rapportato non all'integrità psicofisica completa, ma a quella ridotta per effetto delle preesistenti menomazioni, secondo quanto dispone il primo periodo del comma 6 dell'articolo 13 Dlgs n. 38 del 2000.
Di conseguenza, il medico-legale dovrà differenziare, nell’ambito delle due patologie, i danni biologici riconducibili alla preesistenza, che non vengono in quanto tali stimati, ma servono solo ad abbattere il valore dell'integrità psicofisica su cui si riverbera la patologia concorrente, che vede, dunque, appesantiti i propri effetti pregiudizievoli e la relativa stima.
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