Indeducibili i costi da reato. Necessari ulteriori chiarimenti
Pubblicato il 26 maggio 2011
In Commissione finanze della Camera è stata avanzata un’interrogazione parlamentare con la quale il sottosegretario dell’Economia, Bruno Cesario, risponde al presidente bicamerale della Camera, Maurizio Leo, circa la corretta interpretazione dell’articolo 14, comma 4-bis, della legge n. 537/1993, secondo cui non sono ammessi in deduzione costi o spese riconducibili a fatti, atti o attività qualificabili come reato, ad eccezione dell’esercizio di diritti costituzionalmente riconosciuti. La norma ha lasciato spazio a numerosi dubbi interpretativi su come opera il divieto di effettuare la deduzione. Si auspica un intervento chiarificatore del Governo, sia in ordine all’applicazione della norma sia in ordine alla sua non applicabilità alla materia penal-tributaria disciplinata dal Decreto legislativo n. 74/2000.
Nel rispondere, il Governo parte dall’assunto che tutti i proventi illeciti sono tassabili e il problema sta solo nell’individuare la base imponibile. La prassi seguita è quella di riprendere a tassazione le categorie reddituali previste dall’articolo 6 del Tuir, anche se provenienti da fatto illecito. A ciò, però, si aggiunge il fatto che in base alla legge n. 289/2002 non sono deducibili i costi per gli illeciti penali, mentre tale misura per l’Esecutivo non si estende agli illeciti amministrativi o civili. Dunque, se è vero che tutte le attività illecite sono tassabili, non è altrettanto chiaro quali di esse beneficiano della deducibilità dei relativi costi. Anche dall’agenzia delle Entrate giunge una certa perplessità sulla portata interpretativa della norma che evidenzia le molte “
difficoltà da parte degli operatori nel tentativo di discriminare i costi effettivamente meritevoli di essere ammessi in deduzione”. Sul tema, il Governo ha, poi, rilevato come la Corte Costituzionale abbia dichiarato l’inammissibilità delle questioni relative alla norma anche se non mancano nuovi rinvii alla Consulta.
Ultima, in ordine di tempo, è l’ordinanza n. 27/24/2011, depositata l’11 aprile scorso, da parte della Ctr del Veneto, sezione Verona. L’ordinanza analizza il caso di una frode carosello da parte di una società che viene accusata dal Fisco di indetraibilità dell’Iva e di indeducibilità dei relativi costi. In primo grado si conferma l’indetraibilità dell’imposta, ma non altrettanto viene fatto per ciò che riguarda i costi connessi al reato. Si procede con il ricorso. La Ctr Verona sottolinea l’impossibilità di stabilire una correlazione tra la produzione di un provento tassabile per effetto di un reato e l’indeducibilità dei costi correlati a tale atto illecito. Ciò ha riportato la questione di fronte alla Consulta per lo scioglimento del dubbio di costituzionalità con riferimento agli articoli 3,25, 27 e 97 della Costituzione.