Indebita compensazione Iva, sanzioni annullate se la frode è del commercialista

Pubblicato il 19 novembre 2019

Non può essere condannato a pagare le sanzioni fiscali previste per il mancato pagamento delle imposte il contribuente che riesca a dimostrare il comportamento fraudolento del consulente fiscale di fiducia.

Lo sancisce la Corte di Cassazione nell’ordinanza 29849 del 18 novembre 2019, con la quale viene accolto il ricorso di un cittadino condannato dalla CTR a pagare le sanzioni pecuniarie per l'indebita compensazione Iva.

Un commercialista aveva falsificato l'F24 e indebitamente compensato un credito di imposta Iva, inviando la ricevuta contraffatta al proprio cliente, che era stato condannato dall’Ufficio delle imposte al versamento del tributo e delle sanzioni.

In primo grado, era stata riconosciuta la nullità di tali sanzioni, mentre la Ctr aveva ribaltato il verdetto. Il contribuente ricorre così in Cassazione, che mette fine alla vicenda annullando le sanzioni.

Gli Ermellini ricordano che è principio giurisprudenziale assolutamente condivisibile quello secondo cui: “in tema di sanzioni amministrative tributarie, l'esimente si applica in caso di inadempimento al pagamento di un tributo imputabile esclusivamente ad un soggetto terzo (di regola intermediario cui è stato attribuito l'incarico, oltre che della tenuta della contabilità, di provvedere ai pagamenti), purché il contribuente abbia adempiuto all'obbligo di denuncia all'autorità giudiziaria e non abbia tenuto una condotta colpevole, nemmeno sotto il profilo della culpa in vigilando, «dovendo l'inadempimento medesimo essere imputabile in via esclusiva all'intermediario»”.

Nel caso di specie, tuttavia, si osserva che la CTR “ha fatto mal governo del principio di diritto in quanto, pur in presenza di un comportamento manifestamente fraudolento del professionista incaricato dal contribuente di provvedere agli adempimenti contabili e fiscali, consistito nella falsificazione della documentazione (ricevute di pagamento a mezzo F24) consegnata a dimostrazione del regolare adempimento degli obblighi fiscali, e quindi in evidente assenza di culpa in vigilando, ha ritenuto comunque applicabili all'uomo le sanzioni amministrative pecuniarie”.

Per tali ragioni, la Cassazione accoglie il ricorso del contribuente che, quindi, non è tenuto al pagamento della sanzione pecuniaria riconnessa all’indebita compensazione Iva.

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