In bicicletta invece di prestare assistenza? Licenziato per abuso di permessi 104

Pubblicato il 31 gennaio 2025

L’uso improprio del permessi 104, se sistematico e finalizzato a scopi estranei all’assistenza del familiare disabile, costituisce una violazione grave del rapporto di fiducia tra dipendente e datore di lavoro, tale da legittimare il licenziamento per giusta causa.

Assenza sistematicamente utilizzata per scopi personali: sì al recesso

Il contesto della controversia  

La Corte Suprema di Cassazione - Sezione Lavoro è stata chiamata a pronunciarsi su un caso di licenziamento per giusta causa comminata da una società a un proprio dipendente, per l’uso improprio dei permessi concessi ai sensi della Legge n. 104/1992, che garantiscono ai lavoratori il diritto ad assentarsi per assistere familiari con disabilità.

L’azienda aveva avviato accertamenti sulla corretta fruizione dei permessi, avvalendosi di un'agenzia investigativa privata.

I controlli avevano rivelato che il lavoratore, nelle giornate in cui aveva usufruito del beneficio, impiegava parte del tempo per attività personali e ricreative, in particolare per uscite in bicicletta, anziché per prestare assistenza al familiare disabile. Sulla base di queste evidenze, la società aveva proceduto al licenziamento disciplinare.

Le decisioni nei gradi di giudizio precedenti  

Il licenziamento era stato impugnato dal lavoratore, ma sia il Tribunale che la Corte d’Appello di Brescia ne avevano confermato la legittimità. I giudici avevano ritenuto che l’uso dei permessi per attività estranee all’assistenza violasse il rapporto fiduciario con il datore di lavoro.

La Corte d’Appello aveva inoltre evidenziato la sistematicità dell’abuso, sottolineando come il comportamento reiterato del dipendente fosse in contrasto con le finalità della Legge n. 104/1992, giustificando la sanzione espulsiva irrogata.

I motivi del ricorso in cassazione  

Il lavoratore ha presentato ricorso in Cassazione contestando, da un lato, la legittimità dell’attività investigativa condotta dal datore di lavoro, ritenendola una violazione della privacy e, quindi, inammissibile come prova.

Dall'altro, ha sostenuto che i permessi ex L. 104/1992 non richiedono una presenza continuativa accanto al familiare assistito, purché l'assistenza sia comunque garantita.

Su questa base, ha ritenuto errata la valutazione della Corte d’Appello e ha chiesto l’annullamento del licenziamento.

La decisione della Corte di Cassazione  

Dopo aver esaminato il ricorso, la Corte di Cassazione - con ordinanza n. 2157 del 30 gennaio 2025 - ha ritenuto infondate le argomentazioni del lavoratore e ha confermato la decisione della Corte d’Appello, rigettando l’impugnazione.

Per quanto riguarda la questione relativa alla privacy, la Corte ha evidenziato che l’attività investigativa non aveva riguardato l’adempimento delle mansioni lavorative, ma esclusivamente l’utilizzo dei permessi retribuiti.

In tal senso, il controllo da parte dell’agenzia investigativa risultava conforme alla giurisprudenza consolidata, che ammette verifiche di questo tipo quando finalizzate ad accertare comportamenti illeciti del lavoratore, come l’abuso di benefici assistenziali.

Per quanto riguarda gli ulteriori motivi di ricorso, la Cassazione ha ribadito che il diritto ai permessi ex L. 104/1992 deve essere strettamente collegato alla finalità assistenziale per cui è riconosciuto.

Nel caso di specie, la condotta del lavoratore è stata ritenuta contraria ai principi di correttezza e buona fede, dal momento che l’assenza dal lavoro era stata sistematicamente utilizzata per scopi personali, e non per l’assistenza al familiare disabile.

La Suprema Corte ha inoltre chiarito che, sebbene la normativa non imponga una sorveglianza costante del lavoratore durante la fruizione dei permessi, il tempo dedicato deve risultare funzionale alla finalità per cui il beneficio è concesso.

Nel caso in esame, le evidenze raccolte avevano dimostrato che il dipendente aveva impiegato una parte rilevante del permesso per attività estranee, il che configurava un abuso del diritto e giustificava il licenziamento.

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