Secondo i giudici di Cassazione – sentenza n. 44897 del 9 novembre 2015 - l’irrogazione di una sanzione diversa per specie e/o quantità rispetto ai confini edittali involge il valore costituzionale della legalità della pena sancito dall’articolo 25 della Costituzione, valore che risulterebbe in concreto vulnerato se non si potesse porre rimedio, anche d’ufficio, all’errore del giudice del grado precedente.
Anche il principio della funzione rieducativa della pena, inoltre, si oppone all’esecuzione di una sanzione rivelatasi, pure successivamente al giudicato, convenzionalmente e costituzionalmente illegittima.
Nel caso esaminato, la Corte d’appello aveva confermato, nei confronti di un soggetto imputato per il reato di lesioni personali, la pena inflitta in primo grado ed individuata in due mesi di reclusione, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Tuttavia, non vi era dubbio che il reato di specie, trattandosi di lesioni guaribili in dieci giorni, rientrasse nella competenza del giudice di pace, con la conseguenza che avrebbe dovuto essere applicata la sola pena pecuniaria ai sensi di quanto disposto dall’articolo 52, comma 2 lettera b) del Decreto legislativo n. 274/2000, come specificamente previsto dall’articolo 63 del medesimo decreto.
Orbene - si legge nel testo della decisione - nella specie, la pena in concreto inflitta doveva essere considerata “illegale”, essendo pacifico che il concetto di pena illegale ricomprenda sia la pena diversa per specie da quella che la legge stabilisce per quel determinato reato, sia la pena inferiore o superiore, per quantità, ai relativi limiti edittali.
E ad un errore di tal genere, la Cassazione, anche in assenza di specifico motivo di gravame, può porre rimedio in osservanza a quanto previsto dall’articolo 1 del Codice penale e in forza del compito istituzionale, proprio della Suprema corte, di correggere le deviazoni da tale disposizione, fermo restando che “la possibilità di correggere in sede di legittimità l’illegalità della pena, nella specie o nella quantitià, è limitata all’ipotesi in cui l’errore sia avvenuto in danno e non in vantaggio dell’imputato”.
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