Il Fisco insegue i rimpatri

Pubblicato il 08 settembre 2008

Con risoluzione n. 345 del 5 agosto 2008, l’agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito ai problemi interpretativi che si erano posti nel caso di trasferimento di sede legale dall’estero in Italia, in continuità di valori fiscali. L’assenza, sia in ambito comunitario sia nel nostro ordinamento, di norme atte a regolare la fattispecie ha, infatti, alimentato numerosi dubbi, ai quali si è cercato di dare una risposta. In particolare, si è tentato di fare chiarezza sul valore fiscale da attribuire alle partecipazioni comprese nel patrimonio della società al momento del trasferimento della sede legale in Italia. Le soluzioni, al riguardo, sono due: quella del costo storico e quella del valore corrente al momento del trasferimento nel territorio nazionale. Con il documento di prassi in oggetto, l’Agenzia ritorna sulla questione affermando che:

- il criterio del costo storico, alla base degli ordinari principi di determinazione del reddito d’impresa, va utilizzato in caso di assenza di atti di natura traslativi dei beni da valutare e di continuità dei valori fiscalmente riconosciuti;

- il criterio dei valori correnti, invece, è riconosciuto più adatto per indicare situazioni di discontinuità giuridico-tributaria e di fuoriuscita di beni dal patrimonio del soggetto passivo d’imposta, oltre che per evitare fenomeni di doppia tassazione nel caso in cui nello Stato fosse prevista la tassazione dei plusvalori latenti fino al momento del trasferimento.

L’agenzia delle Entrate ha, quindi, ribadito che il criterio dei valori correnti non è l’unico applicabile e che quello del costo storico è utilizzabile quando il trasferimento avviene in regime di continuità giuridico-civilistica e senza tassazione delle plusvalenze latenti nel Paese di origine.

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