Il principio è che per la validità del contratto a termine é essenziale che in esso siano indicate per iscritto, in modo preciso, le ragioni che hanno determinato l’apposizione di un termine. Lo ha espresso il Tribunale di Milano nell’ordinanza del 24 dicembre 2005. Il decreto legislativo 368/01, che ha radicalmente modificato la legge sul contratto a termine del 1962 (abrogata), consente l’apposizione di un termine a fronte di categorie di ragioni tecniche, produttive, organizzative o sostitutive. Da questi “paletti” restano esclusi i dirigenti, con i quali possono essere liberamente stipulati contratti a tempo determinato con l’unico limite di durata di cinque anni. Alla luce della riforma del 2001, il giudice ha affermato che “il momento di controllo non viene effettuato più sulla base della fattispecie legale o determinata dalla contrattazione collettiva – come avveniva in passato – per verificare la conformità a quella della indicazione contenuta in contratto, bensì viene effettuata sulla base di quanto ha indicato nel contratto individuale lo stesso datore di lavoro”. Risultato: l’essenzialità che nell’accordo sia indicata con precisione e completezza la ragione della stipula di un contratto a termine, per evitare che proprio il termine sia privo di effetto e il contratto divenga a tempo indeterminato.
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