La Corte di cassazione ha confermato la decisione di merito che aveva condannato due avvocati al risarcimento del danno subito da un cliente a causa della negligenza professionale manifestata nello svolgimento del mandato loro conferito per la proposizione di un giudizio dinanzi al TAR.
Questo era volto ad ottenere l'accertamento del diritto, in capo al cliente, ad ottenere l'adeguamento del trattamento retributivo da dirigente, giudizio conclusosi con declaratoria di inammissibilità per decadenza dal termine fissato dall'articolo 45 comma 17 del Decreto legislativo n. 80/1998.
Nell’affermare l’infondatezza dei rilievi sollevati dai due legali, che contestavano la propria responsabilità alla luce dell’esistenza di un contrasto giurisprudenziale sul relativo termine di prescrizione, la Suprema corte – sentenza n. 23449 del 28 settembre 2018 - ha ribadito alcuni principi ermeneutici, già enunciati in sede di legittimità.
E’ stato, in particolare, ricordato che il professionista, nella specie l’avvocato, può essere chiamato a rispondere anche per semplice negligenza - e non solo per dolo o colpa grave - in presenza di un’incertezza sui termini di prescrizione che riguardi non già gli elementi di fatto in base ai quali va calcolato il termine, ma il termine stesso, a causa dell'incertezza della norma giuridica da applicare al caso concreto.
Il fatto che esista un contrasto giurisprudenziale in ordine ad una questione relativa all'applicabilità di un termine di prescrizione non esime il professionista dall'obbligo di diligenza richiesto dall'articolo 1176 Codice civile.
Infatti, in materia di responsabilità professionale dell'avvocato, in caso di incertezza giurisprudenziale in ordine al computo del termine di prescrizione del diritto del cliente al risarcimento del danno, il mancato compimento di atti interruttivi, da parte del legale, con riferimento al termine prescrizionale più breve, implica comunque la violazione dell'obbligo di diligenza richiesto.
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