L’incompatibilità col ruolo del giudice tributario mette a rischio il professionista. Devono temere principalmente gli avvocati, primi sui commercialisti. Pure i notai, i ragionieri o i periti commerciali che esercitino “in qualsiasi forma, anche se in modo saltuario o accessorio ad altra prestazione, la consulenza tributaria, ovvero l’assistenza e la rappresentanza di contribuenti nei confronti dell’amministrazione finanziaria” (dlgs n. 545/92, articolo 8, lettera i). Se hanno il doppio incarico, le porte delle aule della giustizia tributaria possono dunque chiudersi, non solo per una piccola consulenza prestata ad un contribuente direttamente dal professionista ma anche quando l’aiutino è offerto da “coloro che sono coniugi o parenti fino al secondo grado o affini in primo grado” (sempre dlgs n. 545/92, articolo 8, lettera i) nella medesima provincia in cui si svolge il ruolo di magistrato tributario.
Il Consiglio di Stato, con la recente sentenza n. 5842 (28 settembre 2009), rafforza la regola del ‘92, che è automatica e non ammette eccezioni.
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