La Consulta, con sentenza n. 237 del 19 novembre 2015, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tar di Trento rispetto agli articoli 76, comma 2, e 92 del Decreto legislativo n. 113/2002, sulle condizioni per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
Secondo i giudici rimettenti, in particolare, il combinato disposto delle norme censurate romperebbe l’equilibrio tra i diversi processi, nel passaggio in cui prevede, soltanto per il processo penale, che il numero dei familiari conviventi concorra ad elevare la soglia del reddito ai fini della ammissibilità del beneficio.
La previsione, ossia, di soglie reddituali differenziate a seconda del tipo di processo sarebbe priva di ragionevole giustificazione, ponendosi in contrasto con l’articolo 24, terzo comma, della Costituzione - che fa riferimento ad una generica condizione di non abbienza senza distinzione tra i tipi di giudizio - e con l’articolo 3 del medesimo testo, in quanto “il rito processuale diverso non giustifica un diverso trattamento”.
Rilievi non condivisi dalla Corte costituzionale la quale, dopo aver rilevato come il legislatore abbia, sin dall’inizio, differenziato il trattamento del patrocinio dei non abbienti, mostrando di privilegiare le esigenze di tutela connesse all’esercizio della giurisdizione penale, ha ribadito che “l’intrinseca diversità dei modelli del processo civile e di quello penale non consente significative comparazioni fra le discipline ad essi applicabili”.
Inoltre, la diversità fra gli interessi civili e le situazioni tutelate per effetto dall’azione penale implica, non il riscontro di una improbabile gerarchia di valori fra gli uni e le altre, bensì solamente “l’affermazione dell’indubbia loro distinzione, tale da escludere una valida comparabilità fra istituti che concernano ora gli uni ora le altre”.
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