Nello schema di legge delega di iniziativa del ministero della Giustizia, che verrà a breve esaminato in Consiglio dei ministri, oltre a misure volte alla riforma del processo penale e del processo civile, sono contenuti anche ritocchi per quel che concerne ordinamento della magistratura e funzionamento del CSM.
Con particolare riferimento a quest’ultimo punto, la maggioranza di Governo sarebbe d’accordo nel prevedere il ritorno a 30 componenti (20 togati e 10 eletti dal Parlamento) nonché nel togliere al Consiglio le nomine degli uffici semidirettivi, soprattutto presidenti di sezione e procuratori aggiunti.
Al CSM rimarrebbero, comunque, le nomine dei cosiddetti “apicali” (presidente di tribunale, presidente di Corte d’appello, capo procuratore, procuratore generale).
Tutto ciò, al dichiarato obiettivo di “contrastare l’emergente, patologico, fenomeno del “correntismo” nella magistratura, allentando il legame tra contesto associativo ed eletti nell’organo di autogoverno”.
Nell’elezione dei componenti togati, l’Esecutivo punterebbe, altresì, ad una quota di membri sorteggiati.
Di seguito, verrebbe rafforzato il sistema delle incompatibilità tra politica e magistratura: per i giudici che abbiano ricoperto incarichi politici ritenuti di maggiore rilevanza sarebbe impedito il rientro in magistratura, con contestuale ricollocamento in ruoli amministrativi e conservazione del trattamento economico avuto nel momento della presentazione della candidatura.
Per chi, invece, si candida senza venir eletto, viene previsto un periodo di 5 anni da trascorrere nei ruoli amministrativi prima di ottenere il ricollocamento in ruolo, in un distretto comunque diverso da quello nel quale la candidatura è stata presentata.
Possibili ritocchi in arrivo anche per quanto riguarda le circoscrizioni giudiziarie, in funzione dei carichi di lavoro, numero degli abitanti ed estensione del territorio.
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