Un lavoratore è stato licenziato per giusta causa per ammanchi di cassa allo stesso addebitabili, ma ha contestato la sproporzione della sanzione espulsiva sia alla luce della disciplina contenuta nel CCNL applicabile che nel Regolamento aziendale, nonché per violazione della prassi consolidata di disporre la sospensione del procedimento disciplinare in attesa delle determinazioni dell'autorità giudiziaria penale.
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 26272 del 6 novembre 2017, ha richiamato il noto orientamento giurisprudenziale secondo cui la giusta causa di cui all'art. 2119 c.c. sussiste anche in difetto di una specifica previsione ad opera delle parti collettive, atteso che l'elencazione delle ipotesi di giusta causa di licenziamento contenuta nei contratti collettivi ha valenza meramente esemplificativa e non esclude perciò la sussistenza della giusta causa per un grave inadempimento o per un grave comportamento del lavoratore contrario alle norme dell'etica comune o del comune vivere civile.
Inoltre, gli Ermellini hanno evidenziato che, in tema di licenziamento per giusta causa, è onere del datore di lavoro dimostrare il fatto ascritto al dipendente, provandolo sia nella sua materialità sia con riferimento all'elemento psicologico del lavoratore, mentre spetta a quest’ultimo la prova di una esimente (ex multis: Cass. n. 11206/2015; Cass. n. 17304/2016).
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