Qualora il giudice, nel determinare il compenso professionale, decida di scendere al di sotto dei valori tariffari minimi in relazione alle circostanze del caso concreto, è tenuto a darne espressa motivazione, onde rendere conoscibili le ragioni che lo hanno indotto alla suddetta diminuzione e non può di converso limitarsi alla enunciazione del criterio legale.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 253 depositata il 12 gennaio 2015, accogliendo il ricorso di una bracciante cui il giudice aveva riconosciuto un valido rapporto di lavoro con un'azienda agricola, condannando altresì l'Inps a corrisponderle un'indennità di disoccupazione
Ma la questione qui sollevata verteva essenzialmente sulla determinazione delle spese processuali ad esito del giudizio, posto che, a parere del ricorrente, il giudice aveva disatteso – avuto riguardo ai parametri medi di liquidazione per quel tipo di controversia – i minimi inderogabili previsti. Ed ogni ulteriore diminuzione avrebbe dovuto essere motivata.
Eccezione ritenuta fondata dalla Suprema Corte.
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