Con sentenza del 16 maggio 2024, causa C-27/23, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea si è occupata di una domanda di pronuncia pregiudiziale in tema di libera circolazione dei lavoratori nell'Unione Europea e diritti dei lavoratori frontalieri.
La causa riguardava un lavoratore frontaliero - con lavoro in Lussemburgo e residenza in Belgio - che aveva richiesto un assegno familiare per un minore affidato al suo nucleo familiare con decisione giudiziaria.
La richiesta gli era stata rifiutata dall'ente Lussemburghese preposto poiché il minore, non essendo figlio biologico o adottivo del richiedente, non era considerato "familiare" e non rientrava tra i beneficiari degli assegni ai sensi della normativa lussemburghese.
La questione, sollevata dalla Corte di cassazione del Lussemburgo, verteva sull'interpretazione degli articoli 45 del TFUE, 7 del regolamento n. 492/2011, 67 del regolamento n. 883/2004 e 60 del regolamento n. 987/2009.
Il giudice rimettente, in particolare, chiedeva se il principio della parità di trattamento e la normativa unionale ostassero alle disposizioni di uno Stato membro, come quella nazionale in esame.
La normativa del Lussemburgo, in particolare, impedisce ai lavoratori non residenti di percepire un assegno familiare per minori collocati in affidamento presso di loro.
Per contro, tutti i minori che sono stati collocati in affidamento con decisione giudiziaria e sono residenti nel medesimo Stato membro hanno il diritto di percepire l'assegno.
Si chiedeva, in altri termini, se la normativa lussemburghese creasse, di fatto, una discriminazione di natura indiretta.
Per lavoratori frontalieri si intendono coloro che risiedono in uno Stato membro dell'UE e lavorano in un altro, ritornando regolarmente alla propria residenza.
Gli assegni familiari, come noto, sono prestazioni sociali destinate a supportare economicamente le famiglie con figli a carico, compensando i carichi familiari.
Il principio di parità di trattamento è fondamentale per garantire la libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'Unione Europea.
Stabilito dall'articolo 45 TFUE e dal Regolamento UE 492/2011, questo principio:
La discriminazione indiretta si verifica quando una normativa apparentemente neutra svantaggia in modo sproporzionato i cittadini di altri Stati membri.
Ebbene, nel contesto degli assegni familiari per i lavoratori frontalieri, la Corte di Giustizia UE ha evidenziato che le disposizioni lussemburghesi violano il principio di parità di trattamento, impedendo ai lavoratori frontalieri di ottenere gli stessi benefici dei residenti.
Secondo la Corte di Giustizia UE, in particolare, la legge nazionale del Lussemburgo discrimina indirettamente i lavoratori frontalieri.
Questa discriminazione non può essere giustificata da alcun legittimo obiettivo e deve essere eliminata per rispettare il principio della parità di trattamento e la libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione Europea.
Tutti i lavoratori, infatti, indipendentemente dalla residenza, devono godere degli stessi vantaggi sociali, come gli assegni familiari.
In conclusione, la Corte di giustizia UE ha statuito che gli articoli UE richiamati devono essere interpretati nel senso che:
"essi ostano alla normativa di uno Stato membro in forza della quale un lavoratore non residente non può percepire un assegno familiare connesso all’esercizio, da parte sua, di un’attività subordinata in tale Stato membro per un minore collocato in affidamento presso di lui con decisione giudiziaria e di cui egli assume la custodia, mentre un minore che è stato oggetto di affidamento giudiziario e residente in detto Stato membro ha il diritto di percepire tale assegno, che è versato alla persona fisica o giuridica investita della custodia del minore in questione. La circostanza che il lavoratore non residente provveda al mantenimento del minore collocato in affidamento presso di lui può essere presa in considerazione nell’ambito della concessione di un assegno familiare a un simile lavoratore per un minore collocato in affidamento presso il suo nucleo familiare solo se la normativa nazionale applicabile prevede una condizione del genere per la concessione di detto assegno ad un lavoratore residente investito della custodia di un minore collocato in affidamento presso il suo nucleo familiare".
Sintesi del Caso | Un lavoratore frontaliero ha richiesto un assegno familiare per un minore affidato al suo nucleo familiare con decisione giudiziaria. L'ente preposto del Lussemburgo ha rifiutato la richiesta poiché il minore non era considerato "familiare" ai sensi della normativa lussemburghese. |
Questione Dibattuta | Andava chiarito se la normativa lussemburghese, che impedisce ai lavoratori frontalieri di ottenere assegni familiari per minori affidati, violasse il principio di parità di trattamento e la normativa UE. |
Soluzione della Corte di Giustizia UE | La Corte di Giustizia UE ha stabilito che la normativa lussemburghese discrimina indirettamente i lavoratori frontalieri, violando il principio di parità di trattamento: tutti i lavoratori devono godere degli stessi vantaggi sociali, indipendentemente dalla residenza. |
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