Il reato di falsità in scrittura privata è stato abrogato ai sensi dell’articolo 1 del Decreto legislativo n. 7/2016, con conseguente trasformazione della fattispecie in mero illecito civile.
Tuttavia, l’eventuale revoca della sentenza definitiva di condanna per abolitio criminis ai sensi dell’articolo 2, comma secondo del Codice penale, conseguente, appunto, alla perdita del carattere di illecito penale del fatto, non comporta il venir meno della natura di illecito civile del medesimo fatto.
Ne consegue che la sentenza non deve essere revocata relativamente alle statuizioni civili, statuizioni che continuano a costituire fonte di obbligazioni efficaci nei confronti della parte danneggiata.
E’ quanto precisato dalla Corte di cassazione, Quinta sezione penale, nel testo della sentenza n. 7124 depositata il 23 febbraio 2016.
Con altra decisione – ordinanza n. 7125/2016 - emessa sempre dalla medesima sezione della Suprema corte in pari data, i giudici di legittimità hanno invece ritenuto opportuno sottoporre alle Sezioni Unite penali la questione relativa alle statuizioni civili contenute nella sentenza non definitiva qualora, come nel caso sopra esaminato, il reato contestato rientri tra quelli abrogati ai sensi del nuovo Decreto legislativo n. 7/2016.
Nel dettaglio, il massimo consesso di legittimità dovrà valutare se, a seguito dell’abrogazione dell’articolo 594 del Codice civile ad opera del Decreto legislativo citato, debbano essere revocate le statuizioni civili eventualmente adottate con la sentenza non definitiva per il reato di ingiuria pronunziata prima dell’entrata in vigore del suddetto decreto.
Si rammenta che il citato Decreto legislativo n. 7/2016 rientra, insieme al Decreto legislativo n. 8/2016, nell’ambito dei recenti interventi di depenalizzazione, entrati in vigore il 6 febbraio 2016.
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