La Corte costituzionale, con sentenza n. 1 del 3 gennaio 2020, dichiara infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata da un giudice del Tribunale ordinario di Udine nell’ambito della rivalsa Iva nella procedura fallimentare.
Spiega la Consulta che, nelle procedure fallimentari, il credito di rivalsa Iva è un privilegio garantito sia al professionista che al prestatore d’opera.
Al centro della sentenza la richiesta di ammissione dei crediti al passivo da parte di consulente del lavoro e commercialista.
La presunta violazione dell’articolo 3 della Costituzione sarebbe insita nell’art. 2751-bis, numero 2), del codice civile - come modificato dall’art. 1, comma 474, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Finanziaria 2018) - “nella parte in cui estende anche al credito per rivalsa Iva il privilegio generale ivi attribuito al credito per le retribuzioni dei professionisti”, rispetto ad ogni altro prestatore d’opera.
La disposizione censurata determinerebbe un’ingiustificata disparità tra “professionisti” e altre categorie di lavoratori il cui privilegio non si estende alla rivalsa Iva.
Ma la Consulta respinge la questione, spiegando che le modifiche apportate garantiscono il privilegio generale sui mobili ai crediti per le retribuzioni dei professionisti e di ogni altro prestatore d'opera dovute per gli ultimi due anni di prestazione.
Nella retribuzione, è precisato, sono compresi: il contributo integrativo che il professionista deve alla Cassa dell’Ordine e il credito di rivalsa per l’Iva.
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