Annullato il sequestro preventivo disposto dal GIP sui beni personali dell’amministratori di una Srl, coinvolta in un’indagine per dichiarazione fraudolenta.
La Corte di cassazione, con sentenza n. 32409 del 18 novembre 2020, ha accolto, con rinvio, il ricorso promosso da un imprenditore a cui era stata sequestrata, tra gli altri beni, la somma presente nella carta PostePay, versatagli quale risarcimento di un sinistro che lo aveva visto coinvolto.
L’uomo aveva impugnato la decisione di conferma della misura cautelare, denunciando, tra le altre doglianze, una errata, carente ed illogica motivazione.
Il Tribunale, pur riconoscendo la lecita provenienza della somma a lui sequestrata e, dunque, la non confiscabilità della stessa a titolo diretto, ne aveva comunque affermato la possibile sottoposizione a vincolo a titolo di confisca per equivalente.
Secondo la difesa del ricorrente, invece, tale somma avrebbe dovuto essere esclusa dalla misura, posto che il complesso aziendale della società era risultato idoneo a coprire integralmente il presunto profitto del reato contestato.
Doglianza giudicata fondata dai giudici di Piazza Cavour, secondo i quali nella decisione impugnata il vincolo cautelare sulla somma confluita nella PostePay era stato confermato con motivazione solo apparente.
Era stato infatti affermato:
Orbene, secondo la Suprema corte, risultava evidente il carattere apparente dell’argomentazione utilizzata per confermare il sequestro in esame, al quale era stata assegnata una natura diversa rispetto a quella originaria, solo perchè non più praticabile la misura in via diretta attesa la liceità della somma sottoposta a vincolo.
L’ordinanza di riesame, in definitiva, è stata annullata, con rinvio, limitatamente al sequestro della somma presente nella carta del ricorrente.
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