Il Consiglio Ecofin, che si è riunito ieri a Bruxelles, ha aggiornato la lista dei Paesi ritenuti “paradisi fiscali”, ossia delle giurisdizioni non Ue che, secondo la Commissione, sono state ritenute non compliant dal punto di vista fiscale.
La lista sale così a 15 Paesi.
I 28 ministri dell’Economia e delle finanze degli Stati membri hanno approvato la nuova lista, che ora comprende, oltre ai cinque Paesi già presenti (le Samoa americane, Guam, Samoa, Trinidad e Tobago e le Isole Vergini), anche Aruba, Barbados, Belize, le Bermuda, Dominica, Fiji, Isole Marshall, Oman, Emirati Arabi e Vanuat.
Si tratta di tutte quelle giurisdizioni che non hanno attuato gli impegni annunciati entro la scadenza fissata dalla Ue. Pertanto, ora, gli eventuali rapporti finanziari con essi saranno soggetti ad un particolare controllo da parte delle autorità comunitarie e nazionali.
Proprio il mancato rispetto di alcuni impegni fiscali, che i suddetti 10 Paesi non hanno rispettato entro fine 2018, ha comportato il loro passaggio dalla lista “grigia” a quella che viene definita la lista “nera” dei paradisi fiscali.
Altri 34 Paesi restano sulla lista "grigia" per essere monitorati, mentre 25 sono stati rimossi.
Inizialmente l’Italia ha posto una riserva sulla presenza nell’elenco degli Emirati Arabi Uniti, convinta che il Paese stesse facendo abbastanza per garantire trasparenza fiscale.
A seguito del ritiro di tale riserva, gli Emirati sono entrati nella lista dei paradisi fiscali extracomunitari, anche se il ministro dell’Economia Tria si è voluto assicurare che non appena il Paese approverà quella serie di misure necessarie a risultare collaborativo dal punto di vista fiscale, lo stesso verrà tolto dalla Black list.
Il commissario Ue agli Affari economici e finanziari, Pierre Moscovici, ha infatti riferito che il ministro Tria, durante la riunione dell'Ecofin di ieri, ha proposto un emendamento, accettato da tutti, in cui si assicura agli Emirati Arabi Uniti (Eau) che verranno rimossi dalla “lista nera” dell'Ue sui paradisi fiscali non appena sarà stata approvata la loro legislazione per conformarsi agli standard internazionali di trasparenza e buona “governance” fiscale, che è già stata proposta.
La nuova lista di paradisi fiscali ha provocato le reazioni negative di molti, a causa dell’assenza di alcuni paesi frequentemente considerati paradisi fiscali. Secondo alcune rimostranze, infatti, gli appoggi di alcuni governi (evidentemente più influenti di quello dell’Italia) possono aver contribuito a salvare numerosi centri offshore spesso coinvolti perfino in scandali internazionali, come Panama, Bahamas, Svizzera, Isole Vergini britanniche, Isole Cayman, ecc..
La reazione più dura è stata quella dell’organismo anti-povertà Oxfam, che ha sostenuto che “i governi Ue hanno lasciato fuori paradisi fiscali tra i peggiori del mondo e messo a rischio la credibilità dell’intero processo della lista nera”.
Immediata la reazione del vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis, che ha replicato garantendo l’applicazione obiettiva di specifici “criteri” per stabilire chi dovesse finire nell’elenco delle giurisdizioni fiscali non collaborative e non trasparenti.
La Commissione europea si dice convinta che l’elenco nato nel 2017 stia contribuendo a maggiore trasparenza fiscale a livello internazionale.
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