E’ difficile procedere con l’espropriazione forzata se l’asse ereditario è ancora indiviso

Pubblicato il 20 marzo 2013 I giudici di Cassazione, con la sentenza n. 6809 depositata il 19 marzo 2013, si sono pronunciati in materia di procedure di espropriazione dei beni caduti in successione.

In particolare, l’intestatario di una quota di un conto corrente bancario ricevuto in eredità aveva eccepito l’inespropriabilità del singolo bene indiviso facente parte della comunione ereditaria a fronte di un pignoramento eseguito da Equitalia sui saldi attivi esistenti in Banca, intestati al de cuius ed appartenenti, in comunione, al debitore esecutato e ad altri due eredi, tra cui il ricorrente.

Mentre i giudici di merito avevano confermato le procedure espropriative, la Suprema corte ha accolto il ricorso dell’intestatario ricordando alcuni principi già espressi, in materia, dalla giurisprudenza di legittimità.

Viene ricordato, così, che l’espropriazione forzata dell’intera quota, spettante ad un compartecipe dei beni compresi in una comunione, è certamente possibile, ma limitatamente a tutti i beni indivisi di una singola specie (immobili, mobili o crediti); che iniziata l’espropriazione della stessa, il giudice dell’esecuzione può disporre la separazione in natura della quota spettante al debitore esecutato, se questa è possibile, o, in caso contrario, ordinare che si proceda alla divisione, oppure disporre la vendita della quota indivisa; che non è invece ammissibile l’espropriazione forzata della quota di un singolo bene indiviso, quando la massa in comunione comprenda più beni della stessa specie, perché, “potendo, in sede di divisione, venire assegnato al debitore una parte di un altro bene facente parte della massa, il pignoramento potrebbe non conseguire suoi effetti, per inesistenza nel patrimonio del debitore, dell’oggetto dell’esecuzione”.
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