Diritto a non nascere non tutelato

Pubblicato il 23 dicembre 2015

Non esiste un diritto a "non nascere" poichè l'ordinamento ha sempre protetto la vita, non la sua negazione.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, Sezioni unite civili, con sentenza n. 25767 depositata il 23 dicembre 2015, respingendo l'istanza di risarcimento presentata dai genitori di una bambina nata down, avverso la Asl ed i medici che avevano seguito la madre durante la gestazione, ritenuti responsabili di non aver diagnosticato la patologia del feto.

Confermato innanzitutto l'accertamento "presuntivo" circa il fatto che la donna avrebbe senz'altro abortito se correttamente informata delle malformazioni del nascituro. .

Le Sezioni unite affrontano di seguito l'ulteriore questione circa l'ammissibilità dell'azione del minore, volta ad accertare e risarcire il danno cagionatogli durante la gestazione.

L'astratta riconoscibilità del diritto (dunque della legittimazione attiva) in capo al figlio handicappato – secondo tesi ormai riconosciuta – incontra tuttavia un ostacolo nel nostro ordinamento, ove non si parla di diritto a non nascere (ovvero, l'alternativa possibile). Allo stesso modo in cui non sarebbe configurabile un diritto al suicidio, tutelabile contro chi cerchi di impedirlo.

La vita e non la sua negazione, al centro dell'ordinamento

A riprova ulteriore, che la vita – e non la sua negazione – è sempre stata il bene supremo protetto dall'ordinamento.

D'altra parte, il supposto interesse a non nascere mette in scacco il concetto stesso di danno, tanto che di esso si farebbero interpreti unilaterali gli stessi genitori, nell'attribuire alla volontà del nascituro il rifiuto di una vita segnata dalla malattia; come tale, indegna di essere vissuta.

 

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