Dichiarazione fraudolenta, sì a sequestro dell’unica abitazione

Pubblicato il 15 febbraio 2021

Il limite dell’espropriazione immobiliare di cui all’art. 76, comma 1, lett. a) del D.P.R. n. 602/1973 opera solo nei confronti dell’Erario, per debiti tributari, e non di altre categorie di creditori.

Esso riguarda l’unico immobile di proprietà e non la prima casa del debitore e non costituisce un limite all’adozione né della confisca penale, sia diretta che per equivalente, né del sequestro preventivo ad essa finalizzato.

Tale previsione trova applicazione solo nel processo tributario e pertanto impedisce il sequestro preventivo dell’abitazione dell’indagato esclusivamente in tale ristretto ambito.

Per come confermato dalla giurisprudenza di legittimità, infatti, il limite dell’espropriazione dell'unico immobile di proprietà del debitore è inapplicabile nel procedimento penale per reati tributari, valendo solo nei confronti dell'Erario.

Ciò anche in ragione del fatto che, a norma dell’art. 2740 c.c., il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri e che le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi previsti dalla legge.

Limite espropriazione immobiliare: inapplicabile nel processo per reati tributari

Così la Corte di cassazione, con sentenza 5608 del 12 febbraio 2021, a conferma del sequestro preventivo disposto dal Gip nei confronti di due imprenditori, legali rappresentanti di una Srl coinvolta in una frode carosello.

In particolare, la misura cautelare era stata ordinata nell'ambito di un’indagine per il reato di cui all’art. 2 del D. Lgs. n. 74/2000, ossia di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

Tra i beni sequestrati, anche l’immobile di proprietà di una dei due indagati, immobile che rappresentava la prima e unica casa di abitazione di quest’ultima.

L’imprenditrice, ciò posto, aveva promosso ricorso davanti alla Suprema corte, lamentando la non sequestrabilità del bene ma la relativa doglianza è stata giudicata infondata dalla Suprema corte, alla luce dei principi sopra richiamati.

Secondo gli Ermellini, il sequestro operato nei confronti dell’immobile della deducente era giuridicamente corretto, non trovando alcun ostacolo nella previsione di cui al menzionato articolo 76, che esclude l’espropriazione dell'unico immobile di proprietà del debitore.

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