Delega di funzioni e responsabilità del datore di lavoro

Pubblicato il 04 aprile 2014

Gamma Srl è una società che occupa dieci dipendenti. Le funzioni in materia prevenzionistica vengono delegate dall’amministratore Caio a Sempronio, che svolge attività di libero professionista e che pertanto non fa parte dell’organico aziendale. Nel corso di una verifica ispettiva viene riscontrato che il personale dipendente di Gamma Srl non è stato sottoposto a vista medica periodica. Chi è il destinatario degli atti di prescrizione?





Premessa

Le società costituiscono uno strumento volto a reperire risorse e capitali, che altrimenti sarebbe difficile conseguire individualmente, e così acquisire maggiore competitività nel mercato. Per effetto della costituzione la società diventa soggetto di diritto, avente una propria capacità di agire, che ovviamente esercita per il tramite dei propri organi interni, aventi spesso natura complessa. Il carattere composito di tali organi riflette l’eterogeneità e l’elevato tasso di tecnicismo dei settori in cui la società è chiamata a operare nel rispetto comunque della difficile disciplina antinfortunistica. Il sistema prevenzionistico è invero tradizionalmente fondato su diverse figure di garanzia, che svolgono funzioni distinte ed assumono diverse forme di responsabilità organizzativa e gestionale.

E così in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro è possibile che in un’organizzazione particolarmente complessa vi siano diverse personalità chiamate a ricoprire i ruoli distribuiti in ragione di specifiche competenze. Spesso lo strumento che viene all’uopo utilizzato è la delega, mediante la quale l’organo posto al vertice della società trasferisce ad un altro organo, generalmente collocato in posizione subordinata, determinate funzioni e poteri. Tuttavia la delega, se da un lato risponde all’esigenze di semplificazione e di organizzazione del lavoro, dall’altro lato può anche diventare uno strumento efficace per scaricare la responsabilità degli organi di vertice su soggetti che invero risultano dei meri prestanome, poiché privi di potere decisionale, ma, per effetto dell’atto di conferimento, formalmente destinatari dei precetti normativi. Tali aspetti mostrano la necessità di cercare un punto di equilibrio tra le opposte esigenze, che sia rispettoso del principio di personalità della responsabilità.

La delega di funzioni

Come noto la materia della sicurezza e dell’igiene del lavoro risulta disciplinata da precetti per la cui violazione l’ordinamento appresta sanzioni penali e amministrative irrogabili con il rigoroso rispetto del principio di legalità. Così allorquando nel settore de quo l’organo apicale intenda spogliarsi della propria responsabilità, per incaricare altri soggetti delle incombenze relative, utilizzando l’istituto della delega, occorre innanzitutto verificare se tale possibilità sia o meno normativamente consentita ed eventualmente quali siano le condizioni perché l’operazione possa essere eseguita e, infine, se nonostante il conferimento di funzioni in capo al delegante residuino comunque dei margini di responsabilità.

Funzioni non delegabili

L’art. 16 del D.lgs. n. 81/08 e s.m.i. dedica un’apposita disciplina alla delega. La norma prevede innanzitutto che la delega è utilizzabile ove non sia espressamente esclusa. Ciò significa che le funzioni in materia di sicurezza possono essere generalmente delegate dal datore di lavoro, eccetto quelle che la legge qualifica tassativamente non delegabili e che consistono, a mente del successivo art. 17 D.lgs. n. 81 cit.:

  1. nella valutazione di tutti i rischi e nell’elaborazione del DUVRI;

  2. designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi.

Condizioni e limiti della delega

Premesso che il soggetto delegato non debba necessariamente rivestire la qualifica di dipendente dell’impresa e che quindi non vi è alcun impedimento normativo perché il datore di lavoro deleghi a una persona esterna all’azienda le funzioni in materia di sicurezza, l’art. 16 del D.lgs. n. 81 cit. ha positivizzato i limiti e le condizioni dell’istituto de quo, ammettendo entro stretti margini stabiliti dal comma 3 del citato art. 16 anche la subdelega.

  1. Atto scritto

In primo luogo la delega deve risultare da atto scritto. Sembra che si possa sostenere che la forma venga richiesta ad substantiam e che pertanto in difetto la delega deve ritenersi nulla. Certo è che la giurisprudenza ha statuito che “come codificato nell’art. 16 del D.lgs. n. 81/2008, perché una delega di funzioni abbia efficacia, è necessario che il suo rilascio sia provato in modo rigoroso, non potendo la stessa essere invece implicitamente presunta dalla ripartizione interna all’azienda dei compiti assegnati ai dipendenti o dalle dimensioni dell’impresa”.

  1. Data certa

La delega deve avere data certa e a tal fine soccorre l’art. 2704 c.c., il quale disciplina le condizioni affinché l’atto non autenticato possa considerarsi avente data certa e quindi opponibile ai terzi. In sostanza laddove la certezza della data non possa essere ricavata dall’autentica della firma, l’art. 2074 c.c. elenca una serie di circostanze mediante le quali può ugualmente essere stabilito con certezza (es.: la morte del sottoscrittore) che l’atto è stato comunque formato prima di un certo giorno. L’elenco deve intendersi solo esemplificativo e non tassativo, di talché, spetta all’interprete stabilire, caso per caso, se ad un dato fatto (si pensi all’apposizione, sulla delega, di un timbro postale) possa attribuirsi efficacia probante pari a quella che la legge attribuisce ai fatti contemplati dalla norma. Di conseguenza, detti atti assumono data certa nei confronti dell’Amministrazione. La S.C. ha statuito recentemente che ai fini della dimostrazione della data certa possono utilizzarsi anche “[…] prove per testimoni o presunzioni, ma solo a condizione che esse evidenzino un fatto munito della specificata attitudine, non anche quando tali prove siano rivolte, in via indiziaria e induttiva, a provocare un giudizio di mera verosimiglianza della data apposta sul documento”.

  1. L’accettazione dell’incarico da parte del delegato

Il requisito della certezza va correlato con quello dell’accettazione dell’incarico da parte del delegato, che conferisce alla delega carattere recettizio. Considerato che l’accettazione interviene naturaliter in un momento successivo alla redazione della delega, quest’ultima non potrà ritenersi perfetta e validamente formata fintantoché il delegato non presti adesione al conferimento delle funzioni.

  1. La pubblicità della delega

L’art. 16 comma 2 del D.lgs. n. 81 cit. prevede anche che alla delega deve essere data adeguata e tempestiva pubblicità. Il dictum normativo suggerisce che l’ente debba dotarsi di precise norme interne o disposizioni statutarie volte a conferire alla delega adeguata pubblicità. In mancanza delle quali si ritiene opportuno che l’ente adempia all’incombenza mediante l’iscrizione dei poteri del delegato alla camera di commercio.

  1. I requisiti professionalità ed esperienza

Affinché la delega sia valida occorre che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate. Si tratta di una verifica da formulare ex ante e la giurisprudenza, già prima della codificazione prevista nel D.lgs. n. 81 del 2008, artt. 16 e 17, aveva statuito che in materia di infortuni sul lavoro la delega “[…] deve investire persona tecnicamente capace, dotata delle necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali e di intervento […]”. Tale principio è stato riaffermato dalla S.C. anche in seguito all’entrata in vigore del D.lgs. n. 81 cit.. Ci si chiede semmai se il delegato debba possedere le stesse capacità tecniche dell’imprenditore ovvero delle competenze maggiori e più specifiche. Al riguardo la giurisprudenza ha osservato che “[…] ai fini dell’esonero da responsabilità dell’imprenditore o del titolare del potere di gestione dell’impresa sociale non è necessario che il delegato sia dotato di capacità tecnica, intesa in senso specialistico, in quanto non vi sono ragioni per esigere che questi abbia una competenza diversa e superiore rispetto a quella che il legislatore presuppone nel soggetto originariamente destinatario del precetto penale, essendo, invece, sufficiente che il delegato, sia dotato di effettiva autonomia gestionale e finanziaria così da evitare deleghe meramente apparenti […]”. Ne deriva che “[…] essendo la funzione della delega quella di trasferire in capo ad altri la funzione di controllo su determinati aspetti dell’attività aziendale è da escludere che l’assenza di requisiti tecnici specialistici da parte del delegato valga a fondare una responsabilità penale del delegante a titolo di "culpa in eligendo", in quanto la capacità tecnica o "professionale" del delegato va riferita alla gestione dell’impresa così come intesa dall’art. 2082 c.c., e collegata all’attribuzione a tale soggetto di autonomia gestionale e decisionale, e di disponibilità economica […]”.

Quest’ultima conclusione non convince, perché se è vero che l’idoneità del delegato costituisce requisito di validità della delega allora non potrà che dedursi che l’assenza di tale requisito comporti l’inidoneità dell’atto a spiegare i propri effetti. Sicché, in caso di infortunio, l’invalidità della delega determinerà per un verso la responsabilità del delegante per c.d. culpa in eligendo, qualora l’infortunio stesso sia stato causato proprio dalla scarsa preparazione e capacità tecnica del delegato, per altro verso la responsabilità del delegato che, in forza del principio di effettività, abbia svolto malamente, perché inadeguato, le funzioni delegate.

  1. I poteri di organizzazione, gestione e di spesa

Il possesso delle capacità sopra descritte costituisce condizione necessaria ma non sufficiente, essendo invero necessario che la delega attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate, ivi compresa anche l’autonomia di spesa. La giurisprudenza ha osservato che il delegato quand’anche sia provvisto di autonomia di spesa, non va esente da responsabilità ove non eserciti i poteri di segnalazione al delegante, e, al limite, di blocco dell’organizzazione e dei macchinari pericolosi.

L’irrilevanza delle dimensioni dell’azienda

Non v’è dubbio che a rigore di logica l’istituto si presta a essere impiegato proprio nei complessi aziendali caratterizzati da una diversificazione dei settori di produzione e dei settori di commercio con organigrammi compositi e di dimensioni significative. Tuttavia la giurisprudenza prevalente ha affermato che “[…] non è necessario che trattasi di impresa di notevoli dimensioni, atteso che la necessità della delega non dipende esclusivamente dal dato quantitativo, ma può essere determinata dalle caratteristiche qualitative dell’organizzazione aziendale”. L’interpretazione, sebbene prospettata sotto il vigore del D.lgs. n. 626/94, può ritenersi in linea con il mutato quadro normativo atteso che l’art. 16 D.lgs. n. 81 cit. non contiene un espresso riferimento alle dimensioni aziendali come condizione per il conferimento della delega.

Il dovere di vigilanza del delegante

Resta infine da stabilire se a fronte di una delega efficace residuino in capo al delegante margini di responsabilità. La risposta è contenuta nell’art. 16 comma 3 del D.L.gs. n. 81 a mente del quale “la delega di funzioni non esclude l’obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite. L’obbligo di cui al primo periodo si intende assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del modello di verifica e controllo di cui all’ articolo 30, comma 4” del medesimo testo unico. Si tratta di un modello di organizzazione e di gestione aziendale che deve essere articolato con modalità tali da garantire un idoneo sistema di controllo sull’attuazione del modello medesimo e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate.

Il delegato per effetto della delega non declina ogni responsabilità, bensì vede convertire la sua posizione in quella di soggetto gravato di un c.d. obbligo di garanzia nel senso che rimane pur sempre tenuto a verificare l’operato del soggetto delegato. L’esclusione della responsabilità del delegante ricorre solo qualora quest’ultimo abbia predisposto un completo ed efficiente sistema di controllo dell’attività del delegato. Diversamente la delega non opera alcuna esclusione di responsabilità, giacché non possono per principio essere trasferiti i doveri di controllo sul generale andamento della gestione e di intervento sostitutivo nel caso di mancato esercizio del delegato. Trattasi a ben vedere di una responsabilità concorsuale ex art. 40 comma 2 c.p. per non aver impedito la commissione dell’illecito colposo o doloso del delegato. La norma cristallizza l’elaborazione giurisprudenziale e dottrinale formatasi sul riconoscimento di una posizione di garanzia in capo al soggetto che occupa una posizione di prossimità con il bene da tutelare e che perciò sia titolare di poteri ed obblighi che gli consentono di attivarsi, onde evitare la lesione o messa in pericolo del bene medesimo. La ratio pertanto è quella di assicurare a determinati beni una tutela rafforzata, attribuendo ad altri soggetti, diversi dall’interessato, l’obbligo di evitarne la lesione laddove il titolare sia sfornito di un dominio completo delle situazioni che potrebbero generare rischi di lesione al bene. Naturalmente al delegante non è richiesto un controllo analitico costante e penetrante sull’operato del delegato, perché diversamente risulterebbe obliterata la funzione e la ragione stessa della delega. L’obbligo di controllo pertanto avrebbe ad oggetto non ogni comportamento del delegato, ma l’andamento generale dell’attività e cioè che “il delegato usi correttamente la delega, secondo quanto la legge prescrive”. È importante evidenziare che laddove il delegante sia un organo collegiale come un consiglio di amministrazione il dovere di sorveglianza e l’onere di intervento sostitutivo in caso di mancato esercizio della delega, grava su ciascun componente il consiglio.


Il caso concreto

Gamma Srl è una società che occupa dieci dipendenti. Le funzioni in materia prevenzionistica sono state delegate dall’amministratore Caio a Sempronio che svolge attività di libero professionista e che pertanto non fa parte dell’organico aziendale. Nel corso di una verifica ispettiva è stato riscontrato che il personale dipendente di Gamma Srl non è stato sottoposto a vista medica periodica. Il personale ispettivo è così chiamato ad adottare atti di prescrizione per la contravvenzione rilevata.

Si pone quindi il problema di identificare il soggetto destinatario dei provvedimenti penali, atteso il conferimento delle funzioni in materia prevenzionistica effettuato in favore di Sempronio. In primis il personale ispettivo deve accertare se la delega sia valida e quindi se contiene tutti i requisiti di cui all’art. 16 D.lgs. n. 81 cit.. Nell’eventualità non pare dubitabile che la prescrizione vada adottata nei confronti di Sempronio.

A tal fine non osta la circostanza che Gamma Srl è una società di modeste dimensioni, giacché l’entità aziendale non costituisce normativamente un limite o una condizione per il conferimento al terzo delle funzioni in materia di sicurezza. Il nodo da sciogliere semmai è stabilire se anche Caio possa considerarsi responsabile della violazione riscontrata per omesso esercizio dei poteri di vigilanza nei confronti del delegato. Si ritiene che la salvaguardia della salute dei dipendenti e soprattutto l’idoneità medica di costoro a svolgere le mansioni assegnate costituisca una misura che attiene all’andamento generale dell’impresa, perché si riferisce alle dinamiche di corretta gestione e organizzazione aziendale.

Ciò significa che l’avvenuta sottoposizione a visita medica dei dipendenti soggiace anche al dovere di sorveglianza del delegante il quale, nell’eventualità in cui tale visita venga omessa, risponderà ai sensi dell’art. 16 comma 3 del D.lgs. 81 cit. in concorso con il delegato per la contravvenzione accertata. A maggior ragione la responsabilità concorsuale dovrebbe essere affermata laddove la delega non sia valida, perché carente di tutto o di alcuni dei requisiti previsti dall’art. 16 D.lgs. n. cit.. In tale ipotesi infatti gli atti di prescrizione dovrebbero essere adottati nei confronti del delegante per c.d. culpa in eligendo, e nei confronti delegato perché, in forza del principio di effettività, ha svolto malamente le funzioni peraltro in assenza di titolo inidoneo.


NOTE

i In primo luogo vi è il datore di lavoro, responsabile dell’organizzazione aziendale e dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa. Vi è poi il dirigente che costituisce il livello di responsabilità intermedia, essendo colui il quale attua le direttive del datore di lavoro, organizzando l’attività lavorativa e vigilando sulla stessa in ragione delle competenze e dei poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli. Infine vi è il preposto, ovvero colui il quale sovrintende alle attività, attua le direttive ricevute controllandone l’esecuzione sulla base e nei limiti dei poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico. Dette definizioni, di carattere generale, sono però destinate a subire specificazioni in relazione a diversi fattori quali il settore di attività, la conformazione giuridica dell’azienda, la sua concreta organizzazione, le dimensioni.

ii Cass. Pen. Sez. IV 16/02/2009, n. 66133; Cass. pen. Sez. IV Sent., 31/01/2008, n. 8620.

iii Recita la norma : “Il soggetto delegato può, a sua volta, previa intesa con il datore di lavoro delegare specifiche funzioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro alle medesime condizioni di cui ai commi 1 e 2. La delega di funzioni di cui al primo periodo non esclude l’obbligo di vigilanza in capo al delegante in ordine al corretto espletamento delle funzioni trasferite. Il soggetto al quale sia stata conferita la delega di cui al presente comma non può, a sua volta, delegare le funzioni delegate”.

iv Cass. pen. Sez. IV, 26/02/2010, n. 20592; Cass. pen. Sez. IV, 05/02/2010, n. 7691; Cass. pen. Sez. IV, 11/11/2009, n. 45931.

v Registrazione della scrittura, morte o impossibilità fisica del sottoscrittore, riproduzione della scrittura in atto pubblico.

vi Cass. civ. Sez. I, 28/05/2012, n. 8438.

vii Cass. civ. Sez. III, 03/08/2012, n. 13943.

viii Cass. pen. Sez. IV, 19/06/2006, n. 38425.

ix Cass. pen. Sez. IV, 18/01/2013, n. 39158.

x Cass. pen. Sez. II, 03/08/2000, n. 8978.

xi Cass. pen. Sez. IV Sent., 13/11/2007, n. 7709.

xii Cass. pen. Sez. IV, 27/11/2008, n. 48295.

xiii Cass. pen. Sez. IV, 10/07/2008, n. 38009.

xiv Cass. pen. Sez. IV, 10/03/2011, n. 29935.

xv Cass. pen. Sez. III, 12-04-2005, n. 26122; Cass. pen. Sez. III, 13/03/2003, n. 22931 ha statuito che “[…] non può sostenersi che la delega sia ammissibile solo nelle strutture di grandi dimensioni, giacché, al di là delle dimensioni, altre ragioni ben possono giustificare il conferimento della delega: per esempio, la titolarità di altre piccole aziende in capo al rappresentante legale, ovvero la particolare professionalità di un dirigente in un settore ad alto tasso tecnico, che induce il titolare dell’azienda ad affidargli la responsabilità del settore, e simili”. Secondo la S.C. “in un tale quadro, ciò che il giudice penale può e deve fare, qualora venga addotta la presenza di una delega, è piuttosto quello di verificare che non si tratti di una delega apparente: ciò che dovrebbe ritenersi, per esempio, allorché il delegante abbia continuato a ingerirsi nella gestione del settore delegato ovvero abbia ostacolato la spesa deliberata dal delegato (sintomi inequivoci dell’apparenza della delega)”.

xvi Cass. pen. Sez. IV, 18/01/2013, n. 39158; Cass. pen. Sez. IV, 01/02/2012, n. 10702; Cass. pen. Sez. IV, 01/02/2012, n. 10702; Cass. pen. Sez. IV, 01/02/2012, n. 10702.

xvii Cass. pen. Sez. IV, 10/06/2010, n. 38991.

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