Decreto Rilancio. Compensazioni a un milione solo per il 2020

Pubblicato il 21 maggio 2020

Il decreto Rilancio amplia il limite annuale delle compensazioni - Legge n. 388/2000 - da 700mila a un milione di euro solo per il 2020, dunque non più “a decorrere dall’anno 2020” come recitavano le bozze del decreto.

Tuttavia, la regola vale per tutti i contribuenti non solo per i subappaltatori edili con i requisiti ex articolo 35, comma 6-ter, del Dl 223/2006.

È confermato, invece, che lo sconto Irap è sia per l’acconto che per il saldo: non sono dovuti né il versamento del saldo Irap 2019 né quello della prima rata di acconto 2020 per chi nel 2019 ha realizzato ricavi/compensi non superiori ai 250 milioni di euro. Resta fermo, come anticipato, il versamento della prima rata dell’acconto per l’anno d’imposta 2019 per chi non ha provveduto.

Ad avallare lo sconto pieno la precisazione che il mancato acconto 2020 è comunque escluso dal calcolo dell’imposta da versare per lo stesso periodo d’imposta.

La cancellazione non riguarda intermediari finanziari e società di partecipazione, imprese di assicurazione e pubbliche amministrazioni.

Decreto Rilancio. Cndcec critico

Le prime considerazioni sul decreto Rilancio da parte del presidente Cndcec, Massimo Miani, sono sfavorevoli. Alla già citata esclusione dei liberi professionisti dall’accesso ai contributi a fondo perduto se ne aggiungono altre.

Bolla come davvero inaccettabile che in una manovra mai vista prima, in termini di risorse stanziate, “non si trovi il modo di prorogare i versamenti relativi alle dichiarazioni in scadenza il prossimo mese di giugno e di sbloccare la compensazione dei crediti IRPEF maturati nel 2019, dando la possibilità di monetizzarli anche prima della presentazione delle dichiarazioni”.

Sugli accertamenti con scadenza 2020, emessi entro l’anno ma notificati successivamente entro il 2021, spiega che sarebbe stato più efficace se si fosse prevista la sospensione dell’esecutività di tali accertamenti per tutto o parte del 2021 e del termine per impugnarli, mantenendo fermo l’obbligo di notificarli entro la fine del 2020.

Ed infine Miani solleva il mancato coordinamento con il Cura Italia sui termini processuali.

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