Le norme in vigore dal 4 luglio
Il 4 luglio 2017 è entrato definitivamente in vigore il Decreto Legislativo n. 90 del 25 maggio 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dello scorso 19 giugno, che ha recepito la IV Direttiva europea antiriciclaggio. Molte sono le novità che modificano la precedente disciplina e che avranno un forte impatto sull’attività di tutti i soggetti chiamati a porre in essere gli adempimenti e obblighi in materia.
In questo secondo appuntamento verrà dato spazio ad ulteriori approfondimenti sulle novità del decreto, cercando di focalizzare l’attenzione sul regime sanzionatorio, che dispone sanzioni penali e amministrative profondamente modificate dall’articolo 5 del decreto 90/2017.
La disciplina delle sanzioni antiriciclaggio è dettata dagli articoli dal 55 al 59 del rivisto decreto 231/2007, in particolare dal punto di vista penale è l’articolo 55 quello che prevede tutte le fattispecie incriminatrici che riguardano la disciplina dell’antiriciclaggio.
È importante segnalare, come successivamente alla pubblicazione del decreto 90/2017, è stato pubblicato nella Gazzetta n. 149 del 28 giugno 2017, un avviso rettifica allo stesso, con riferimento ad un errore materiale che ha riguardato il reato di auto-riciclaggio.
Nello specifico era stato tralasciato dal legislatore il riferimento normativo vigente al reato previsto dall’art. 648-ter.1, abolendo la possibilità di applicare la misura della confisca per il suddetto reato.
Tra le novità rilevanti presenti nel decreto, si evidenzia la comunicazione dei dati del titolare effettivo in una apposita sezione del Registro delle imprese, da parte di S.r.l., S.p.a., S.a.p.a. e delle cooperative.
L’accesso alla sezione sarà riservato ai soggetti individuati dalla norma, comprendendo anche coloro che sono obbligati agli adempimenti antiriciclaggio (come ad esempio i professionisti).
Osserva
Un decreto del MEF stabilirà i dati da trasmettere con le modalità e i termini, nonché le modalità di accesso da parte dei terzi ai dati stessi. La sanzione per l’omessa comunicazione è stata già quantificata per un importo che va da 103 euro a 1.032 euro.
Pur in presenza di questo nuovo adempimento, restano comunque fermi gli obblighi di identificazione del titolare effettivo, per i quali potranno essere utilizzati anche i suddetti dati comunicati.
Sempre in capo alle società dotate di personalità giuridica, vi è l’obbligo di ottenere e conservare, per un periodo non inferiore a cinque anni, le informazioni sulla propria titolarità effettiva, da fornire ai soggetti obbligati, in occasione degli adempimenti strumentali all’adeguata verifica della clientela.
Vi sono poi le “comunicazioni oggettive”, ovvero quelle che i soggetti obbligati dovranno trasmettere alla UIF (Unità di informazione finanziaria), con cadenza periodica e relativamente ai dati e alle informazioni sulle le operazioni a rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. Sarà la UIF stessa a dare le istruzioni per individuare i dati da trasmettere e le relative modalità da seguire.
Il contrasto al riciclaggio va inquadrato tenendo in considerazione due aspetti, uno penale e repressivo e un altro incentrato sulla prevenzione, che si basa in particolare sul coinvolgimento, tra l’altro particolarmente sanzionato, di determinati soggetti (come ad esempio i professionisti).
I reati relativi alle attività di riciclaggio sono previsti dagli articoli 648 bis e 648 ter e dal 648 ter-1 del codice penale.
Le circostanze che devono ricorrere perché si possa parlare (ai fini penali) di riciclaggio o di impiego di denaro proveniente da attività illecite, sono due:
L’auto-riciclaggio è stato introdotto con l’articolo 648-ter1 dal 1° gennaio 2015 e risolve le difficoltà incontrate di provare il consapevole coinvolgimento del terzo nella “ripulitura” delle somme provenienti da un delitto.
Con l’auto-riciclaggio, è lo stesso soggetto che ha commesso il delitto principale (da cui derivano i beni e le utilità) a trasferire, investire o impiegarle a condizione che ostacoli concretamente l’identificazione della loro provenienza.
Il decreto 90/2017, nella sua configurazione pubblicata in Gazzetta Ufficiale sembrava (all’articolo 5) aver apportato alcune modifiche sul contrasto del reato di auto-riciclaggio determinandone tacitamente la sua abrogazione.
Osserva
Il provvedimento riportava il testo dell’articolo 648-quater del c.p. nella versione antecedente alle modifiche introdotte dalla Legge 186 del 2014.
E’ ragionevole attribuire tale “modifica” ad un semplice errore materiale, dato che il legislatore ha successivamente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 149 del 28 giugno 2017 un “avviso di rettifica” al decreto 90/2017.
Con la suddetta rettifica, viene aggiornato il decreto, inserendo (nell’articolo 5 comma 4) la versione corretta e vigente dell’articolo 648-quater del Codice penale, con la reintroduzione della confisca obbligatoria dei beni anche nel caso del reato di auto-riciclaggio (art. 648-ter.1).
L’articolo 648-quater del Codice penale, era stato modificato dalla Legge 186/2014 sull’emersione e il rientro dei capitali detenuti all’estero, introducendo il reato di auto-riciclaggio (anche per i reati tributari), e integrando la confisca obbligatoria e per equivalente anche nel caso di condanna per il reato di auto-riciclaggio previsto dal nuovo articolo 648-1.ter del Codice penale.
In caso di condanna o di applicazione della pena, anche per il delitto di auto-riciclaggio (oltre che per quello di riciclaggio e per quello di utilizzo di beni od altra utilità di provenienza illecita) potrà essere applicata la confisca obbligatoria dei beni che costituiscono il prodotto o il profitto di tali delitti, salvo che appartengano a persone estranee al reato.
Il giudice potrà ancora ordinare la confisca delle somme di denaro, dei beni o delle altre utilità, delle quali i colpevoli ne hanno la disponibilità, anche per interposta persona, per un valore equivalente al prodotto, profitto o prezzo del reato.
La nuova norma sull’antiriciclaggio, rivede i confini tra sanzioni (penali e amministrative), che intervengono in presenza di violazioni sugli obblighi previsti.
Va segnalata una limitazione delle sanzioni penali a “vantaggio” di quelle amministrative, che coprono quasi la totalità delle violazioni relative agli obblighi fondamentali previsti.
È prevista la sanzione amministrativa pecuniaria di 2.000 euro per la inosservanza delle disposizioni in materia di adeguata verifica della clientela, la sanzione può essere ridotta da un terzo a due terzi, per le violazioni di minore gravità.
Nelle ipotesi invece, di violazioni gravi, ripetute, sistematiche o plurime, l’importo della sanzione base sale a 2.500 euro, arrivando fino a 50.000 euro.
I soggetti obbligati che si trovano nell’impossibilità oggettiva di effettuare l’adeguata verifica, e non si astengono dal compiere le operazioni o la prestazione professionale, rischiano una sanzione pari ad 2.000 euro o, nei casi di violazioni gravi, ripetute, sistematiche o plurime, da 2.500 a 50.000 euro.
L’inosservanza degli obblighi di conservazione dei dati, dei documenti e delle informazioni acquisiti in occasione dell’adeguata verifica, prevede la sanzione amministrativa pari a 2.000 euro che potrà essere ridotta da un terzo a due terzi, nel caso di violazioni di minore gravità.
La stessa sanzione è prevista per chi assolve agli obblighi di conservazione tardivamente, e anche in questo caso, nelle ipotesi di violazioni gravi, ripetute, sistematiche o plurime, la sanzione base aumenta da 2.500 euro fino a un massimo di 50.000 euro.
In questo caso si applica l’ulteriore misura della pubblicazione del decreto sanzionatorio su una apposita sezione del sito web del Mef, o delle autorità di vigilanza di settore.
Salvo che il fatto costituisca reato, è prevista la sanzione amministrativa pecuniaria pari a 3.000 euro, per chi omette di effettuare una segnalazione di operazioni sospette.
La sanzione aumenta esponenzialmente nelle ipotesi di violazioni gravi, ripetute, sistematiche o plurime e, in questo caso, di un considerevole importo che va da 30.000 a 300.000 euro (anche in questo caso è prevista la pubblicazione del decreto sanzionatorio sul sito del Mef o autorità di vigilanza di settore).
Il medesimo trattamento sanzionatorio è previsto per il personale degli intermediari bancari e finanziari e degli altri operatori finanziari responsabili, con l’ente presso cui opera, dell’omessa segnalazione.
Nota bene
Se le citate violazioni gravi, ripetute, sistemiche o plurime, producono un vantaggio economico, l’importo massimo della sanzione (300.000 euro) può essere portato fino al doppio dell’ammontare del suddetto vantaggio e, comunque, non inferiore a 450.000 euro, o fino a un milione di euro, quando tale vantaggio non sia determinato o determinabile.
Altre sanzioni previste sono:
Quadro degli illeciti amministrativi
Violazioni |
Sanzione Base |
Violazioni gravi ripetute sistematiche plurime |
Sanzioni violazioni meno gravi |
Sanzione massima |
Violazioni obblighi adeguata verifica |
2.000 |
Da 2.500 a 50.000 Pubblicazione decreto sanzionatorio |
Riduzione sanzione da 1/3 a 2/3 |
50.000 |
Violazioni obblighi astensione |
2.000 |
Da 2.500 a 50.000 |
|
50.000 |
Violazioni obblighi conservazione dei dati |
2.000 |
Da 2.500 a 50.000 Pubblicazione decreto sanzionatorio |
Riduzione sanzione da 1/3 a 2/3 |
50.000 |
Violazioni obblighi segnalazione operazione sospetta |
3.000 |
Da 30.000 a 300.000 Pubblicazione decreto sanzionatorio. |
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300.000 |
Omessa esecuzione del provvedimento UIF |
5.000 |
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50.000 |
Inosservanza obblighi informativi nei riguardi della UIF e del MEF |
5.000 |
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|
50.000 |
Le nuove disposizioni hanno previsto che non si potrà essere sanzionati per una azione che alla data di entrata in vigore della riforma non costituisce più un illecito.
Le violazioni commesse prima dell’entrata in vigore della riforma, sanzionate in via amministrativa, sono soggette alla legge vigente al momento in cui è stata commessa la violazione, solo se questa è più favorevole.
Nell’individuazione della legge vigente all’epoca della violazione, si dovrà tenere conto delle modifiche (sempre in ambito sanzionatorio) previste dal D.lgs n. 8/2016, sulle disposizioni in materia di depenalizzazione, che ha trasformato in illecito amministrativo le violazioni delle norme antiriciclaggio per le quali era prevista la sola pena pecuniaria.
In presenza di violazioni, l’accertamento si apre con la contestazione della violazione al soggetto responsabile, questa deve avvenire immediatamente, nell’ipotesi in cui l’infrazione sia constatata dall’organo accertatore.
Se ciò non è possibile, gli estremi della violazione devono essere notificati al trasgressore entro 90 giorni dall’accertamento, che diventano 360 giorni per i residenti all’estero. Se non rispetta tale termine l’amministrazione decade dal diritto di esigere la sanzione pecuniaria.
Osserva
La notifica non è obbligatoria per i residenti all’estero, quando non sia nota la residenza, la dimora o il domicilio.
L’irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie è di competenza del Mef, che provvede inoltre ad emanare sanzioni amministrative per l’inosservanza dell’obbligo di segnalazione di operazione sospetta imputabili:
Osserva
Sotto il profilo procedurale il Mef adotta i decreti sanzionatori, sentito il parere di una commissione consultiva.
Prima della scadenza del termine per l’impugnazione del decreto della sanzione, si può chiedere al Mef il pagamento di un terzo della sanzione irrogata entro 90 giorni dalla notifica del provvedimento.
Successivamente al ricevimento dell’istanza, il Mef notifica (entro 30 giorni) al richiedente, il provvedimento di accoglimento o rigetto dell’istanza, indicando l’importo dovuto e le modalità di pagamento.
I decreti sanzionatori sono assoggettati alla giurisdizione del giudice ordinario permanendo la competenza in esclusiva, del Tribunale di Roma a prescindere dal luogo in cui le violazioni siano state commesse ed accertate. Tra le più frequenti contestazioni vi rientrano le irregolarità relative all’esecuzione dell’adeguata verifica e l’omessa effettuazione della segnalazione di operazione sospetta.
Per altre determinate violazioni è prevista la competenza del tribunale del luogo in cui è stata commesso l’illecito, tra queste si segnalano ad esempio:
Le nuove disposizioni sull’antiriciclaggio delimitano i reati alle violazioni gravi che riguardano in particolare:
Chi essendo obbligato all’adeguata verifica, falsifica i dati e le informazioni del cliente, del titolare effettivo, dell’esecutore, allo scopo e alla natura del rapporto continuativo o della prestazione professionale e all’operazione, integra un delitto per il quale è prevista la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con la multa da 10.000 a 30.000 euro.
Stessa pena è prevista per chi (soggetto obbligato), sempre in occasione dell’adempimento degli obblighi di adeguata verifica, utilizza dati e informazioni falsi relativi al cliente.
Un’altra previsione di reato riguarda la condotta del soggetto che essendo tenuto all’osservanza degli obblighi di conservazione, acquisisce o conserva dati falsi o informazioni non vere sul cliente, sul titolare effettivo, sull’esecutore, sullo scopo e sulla natura del rapporto continuativo o della prestazione professionale e sull’operazione, ovvero si avvale di mezzi fraudolenti per pregiudicare la corretta conservazione dei predetti dati e informazioni.
Anche tale condotta è punita con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con la multa da 10.000 a 30.000 euro.
Le novità legislative confermano la natura delittuosa dell’indebito utilizzo o falsificazione di carte di credito o di pagamento o di analoghi documenti.
In questo caso è prevista la reclusione da uno a cinque anni e la multa da 310 a 1.550 euro per tre delitti dolosi, ovvero:
E’ importante precisare che la legge vieta ai soggetti tenuti alla segnalazione di un’operazione sospetta, di comunicare al cliente interessato l’avvenuta segnalazione, l’invio di ulteriori informazioni richieste dalla Uif o l’esistenza ovvero la probabilità di indagini o approfondimenti in materia di riciclaggio.
Il divieto riguarda anche la comunicazione al segnalante da parte della Uif in riferimento agli esiti delle segnalazioni stesse.
La violazione di tali divieti descritti è punita con l’arresto da 6 mesi a un anno e con l’ammenda da 5.000 a 30.000 euro.
Tali reati hanno natura contravvenzionale e la legge stabilisce la pena alternativa dell’arresto o della sanzione. Il soggetto può essere ammesso a pagare, prima dell’apertura del dibattimento o prima del decreto di condanna, una somma pari alla metà del massimo dell’ammenda stabilita dalla legge per la contravvenzione commessa.
Quadro Normativo |
Decreto Legislativo n. 90 del 25 maggio 2017 Decreto Legislativo n. 231 del 21 novembre 2007 Avviso rettifica (G.U. n. 148 del 28 giugno 2017) |
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